Il tutto è accaduto la settimana scorsa quando Debenedetti invia (via mail) una finta lettera al New York Times firmata dal grande scrittore italiano. Nella missiva il finto Eco si dice contrario alla posizione – favorevole – assunta da Bernard Henry Lévy sull’intervento in Libia: “La situazione in Libia – si legge – è catastrofica e la guerra crea una situazione di reale pericolo all’economia europea aumentando il rischio di un attacco terroristico nelle nazioni occidentali. Questa guerra può creare un nuovo Iraq sulla costa del Mediterraneo”.
Il Nyt, mal gliene incolse, ci casca in pieno: pubblica la lettera sull’Herald Tribune, la sua versione internazionale diffusa nel mondo, e sul suo sito. La firma non lascia spazio a dubbi: “Umberto Eco, Milan”. “Avevo fornito un mio numero di cellulare, ma nessuno si è preso la briga di chiedermi conferma” spiega oggil’autore del falso; è bastata una mail e l’autorevole opinione del finto Eco è stata ripresa da numerosi siti di news d’Oltreoceano.
Quella di Debenedetti per Eco appare come una vera e propria ossessione: a febbraio aveva creato un falso profilo Facebook dello scrittore che in pochi giorni aveva raccolto richieste di amicizia (alcune delle quali da noti giornalisti e intellettuali italiani), elogi sperticati e una cascata di utenti che si dicevano “onorati” di poterlo annoveraretra i propri “friends”. Non pago, Debenedetti aveva creato anche un falso profilo di Abraham Yehoshua per farlo interloquire sul social network proprio con l’amico Umberto “confermando” così l’identità di entrambi: “Ci vediamo mercoledì a Gerusalemme alla festa del libro. Ciao caro” un botta e risposta in bacheca.
“Tutto ormai viene accettato senza che ci sia più confine tra verità e menzogna” spiegò Debenedetti svelando la sua operazione (e sulla questione lui è di certo un esperto). Adesso un suo falso è arrivato fino al Nyt che, ironia della sorte, ha intitolato “A Terrible Mistake”, un grosso sbaglio, l’intervento di Eco. Non si hanno notizie su come possa aver preso la beffa, il Professore. E non è dato saperese si sia accorto della svista il quotidiano Usa: “Il nostro sito diventa a pagamento per garantire l’alta qualità del nostro giornalismo” aveva annunciato a fine marzo Arthur Sulzberger jr, presidente della New York Times Company.
Il Fatto Quotidiano, 13 aprile 2011