Le dichiarazioni risalgono a martedì quando il premier ha incontrato la stampa straniera: "Il mio progetto è terminare la legislatura. Poi, continuare a fare politica, ma non con un ruolo operativo nel governo". L'idea è quella del "capolista" o "padre nobile". Il suo delfino? Il ministro che più ha avuto a cuore l'"epocale riforma della giustizia"
L’annuncio choc di Berlusconi di non ricandidarsi nel 2013 e l’incoronazione di Alfano come suo delfino hanno subito guadagnato ampio spazio sulla stampa statunitense e britannica: ‘Wall Street Journal‘ e ‘The Guardian‘, hanno dedicato grandi titoli alle dichiarazioni del premier italiano scatenando la reazione dei fedelissimi. Perché non solo Berlusconi ha riempito la casella della presidenza del Consiglio, ma anche quella del Quirinale. “Non ho nessun interesse a salire al Colle, potrebbe andare Gianni Letta un uomo stimato da tutti”.
“Una cosa è fare un ragionamento, ben altra cosa è renderlo come una certezza assoluta”, minimizza Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce di Berlusconi. Nella stessa direzione va anche il commento del coordinatore del Pdl Denis Verdini: “Oggi siamo stati invasi da fax, e-mail e telefonate di sostenitori che gli chiedevano di ‘resistere, non andare via’. Ma quella del premier era una riflessione, uno stato d’animo dovuto all’essere sempre sotto pressione, non si tratta certo di una cosa vera”.
In effetti Berlusconi davanti alla stampa estera ha posto più di una condizione per la successione di Alfano. Innanzitutto i sondaggi che “dovranno dire se sono ancora utile perché ho ancora un 50 per cento di fiducia personale” e la “guerra contro la magistratura” che per il premier è una “responsabilità”: “Quella contro i magistrati è una guerra e io non posso disertare”.
Così, se per le corrispondenti americane Stacy Meichtry e Alessandra Galloni la notizia è “l’anticipazione della fine di una delle carriere politiche più durature d’Europa”, meno tenero è il collega britannico John Hooper che definisce Alfano “il disinvolto ministro siciliano che guida attraverso il parlamento una legge che potrebbe fermare il processo in cui il primo ministro italiano è accusato di aver corrotto il suo avvocato britannico, David Mills”.
Di dimettersi adesso, non se ne parla nemmeno. Prima Berlusconi deve compiere la sua “missione”: “Liberare l’Italia dai giudici”. Perché il Paese è in “emergenza democratica”, da risolvere in fretta con la riforma della giustizia e dell’assetto costituzionale. Per non dire del lavoro dei pubblici ministeri, definito ancora un “cancro”, una “metastasi”. L’occasione è ghiotta anche per dichiarare la propria innocenza nei quattro processi in corso a suo carico: “Le accuse contro di me sono assurde e infondate – ha detto – Per questo ho paura dei giudici e di quello che vogliono fare, cioè farmi cadere e rovinare le mie aziende”. Insomma, il solito canovaccio contro i magistrati comunisti colpevoli di voler “sovvertire il voto popolare”. Tanto che, sulla possibilità finora esclusa, di una discesa in campo dei suoi figli, Berlusconi precisa: “Io spero che non entrino in politica ma, se si trovassero nella mia stessa situazione del ’93, allora sarebbe diverso”.
Non mancano poi la distribuzione di zucchero e veleno per amici e nemici. Zucchero per Giulio Tremonti, su cui il Cavaliere spende solo buone parole: “Non dubito della sua lealtà”. Veleno per Luca Cordero di Montezemolo: “Mi fa terrore l’idea di vederlo nel mio partito o nel mio governo”. Un misto di entrambi invece per Emma Marcegaglia: “La cara Emma si lamenta quando invece dovrebbe festeggiare. Quando facevo il suo mestiere e cadevano i governi io stappavo lo champagne: finalmente mi lasciano 4 mesi in pace! Dire che gli imprenditori si sentono abbandonati e un’affermazione incauta. Il Pil lo fanno le imprese non i governi”.