Non appena le parole di Napolitano sono rimbalzate in Italia, nel quartier generale berlusconiano di Palazzo Grazioli si è scatenato il finimondo. Il ddl sul processo breve ieri è approdato a Palazzo Madama e mercoledi prossimo la conferenza dei capigruppo lo calendarizzzerà in commissione giustizia; relatore sarà il pidiellino Giuseppe Valentino. Quel che gli avvocati del Caimano temono, e un po’ anche il ministro Alfano, è che Napolitano chieda di vedere la legge e sollevi alcuni rilievi che non potranno essere in alcun modo disattesi, pena la negazione della firma finale. Nell’aria si agita una parola che fa paura ai tanti avvocati del presidente del Consiglio: amnistia mascherata. Napolitano, proprio su questo “fraintendimento” potrebbe picchiare duramente. Scardinando la legge.
Berlusconi, accigliato, ne ha parlato anche con i capigruppo, riuniti a Palazzo Grazioli per fare il punto sulle amministrative, ma anche sulla tenuta della maggioranza dopo la battaglia parlamentare di ieri. Il Cavaliere sarebbe più convinto che mai di “andare avanti come un treno”. Sulla riforma della giustizia, perché “la battaglia contro i magistrati va vinta una volta per tutte”, e sulle intercettazioni, come ha annunciato lui stesso oggi. Anche se l’uscita di Napolitano lo ha preoccupato parecchio. Per quanto abbia garantito che riuscirà a convincere il Capo dello Stato, annunciando che “con il Colle chiariremo tutto”, il timore è forte.
Molto più dell’ennesimo sommovimento creato dalle sue chiacchiere in libertà davanti ai corrispondenti esteri in Italia (poi ovviamente ritrattate) e da quell’investitura, un po’ estemporanea, un po’ no, di Alfano come suo delfino. Anche questa, ovviamente, smentita dopo 24 ore. Persino uno lontano più di altri dai più feroci giochi di potere che si stanno intrecciando in questi giorni, persino – insomma – uno come Altero Matteoli si è fatto saltare la mosca al naso sul nome del Guardasigilli: “Alfano delfino? Lo deciderà un congresso”.
Ma ad un congresso bisogna arrivarci e questa non sembra una priorità per Berlusconi. Che, invece, ne ha altre due sul tappeto; prima la vittoria alle amministrative, poi la “ristrutturazione” del Pdl, ormai oltre la semplice balcanizzazione. E’ probabile, però, che uno sguardo alle amministrative lo stia anche tenendo il Capo dello Stato. Qualcuno dei più attenti osservatori del Quirinale ha infatti ipotizzato che l’avvertimento di Napolitano sul processo breve possa anche materializzarsi una volta noti i risultati delle urne di maggio. Se, come appare probabile, il Pdl e la Lega non porteranno a casa i numeri sperati e qualche scricchiolio comincerà a sentirsi più forte anche in quelle che sono da sempre le roccaforti più pesanti come Milano, ebbene a quel punto uno stop più severo del Capo dello Stato al processo breve potrebbe avere ripercussioni pesanti sulla tenuta della maggioranza. E sulla sorte politica del Caimano.
In serata il Quirinale invita a non interpretare le parole di Napolitano come un “annuncio di un intervento preventivo”. In ambienti del Colle si osserva che l’espressione “vicini al momento” significa che il Capo dello Stato comincerà a esaminare il testo alla vigilia della decisione che dovrà prendere a proposito della promulgazione”, si fa notare. Pertanto, “interpretare le sue parole come l’annuncio di un intervento preventivo è del tutto arbitrario”.