L’effetto è quello della classica doccia fredda. Pardon, gelata: l’azzeramento dell’intero sistema delle ordinanze deciso dai giudici della Corte costituzionale in materia di degrado urbano è di fatto una bocciatura in pieno della Carta di Parma che aveva visto il Comune capofila sin dal primo momento.
Pesante la replica dell’assessore comunale alla Sicurezza Fabio Fecci, entrato in giunta dopo le dimissioni seguite al caso Bonsu del predecessore Costantino Monteverdi (oggi peraltro garantito dalla presidenza di una delle decine di partecipate): in una nota, non affidata agli organi di stampa ma letta platealmente davanti al municipio,spalleggiato dal comandante dei vigili e attorniato dai “pretoriani” del Nucleo Sicurezza (una delle sue creature) , Fecci bolla quella dei giudici come “sentenza sbagliata”, parlando di “passo indietro su cui valuteremo possibili accorgimenti”.
E non finisce qui: l’assessore, uno dei “falchi” dell’esecutivo Vignali, si dice al tempo stesso “pronto a rimettere immediatamente il suo mandato nelle mani del sindaco” che comunque non ha preso alcun provvedimento al riguardo. Al di à dei toni e delle uscite da boutade, il “niet” dei giudici romani mette la parola fine a un sistema piuttosto complesso ed articolato: in un solo giorno, infatti, sono stati cancellati i divieti di consumo di alcolici in piazza Matteotti e piazza Inzani, quello contro l’accattonaggio molesto, il bivacco abusivo, la vendita degli alcolici per gli artigiani dopo le 21, il sovraffollamento degli edifici, gli atti vandalici, gli schiamazzi ma anche il consumo di stupefacenti (si era arrivati addirittura a un’ordinanza ad hoc, nonostante le leggi dello Stato), il degrado urbano e quello degli edifici. Addio quindi anche al “potere” di chiudere locali come già successo in viale Mentana, vicolo Santa Brigida, via Trento, via Saffi e via Milano.
Ma soprattutto, la bocciatura va a toccare il capitolo prostituzione, pallino di Fecci, da sempre un paladino della riapertura delle case chiuse. A tal proposito, con una serie di interventi pubblici da cui sindaco e alcuni assessori avevano preso le distanze, nell’estate scorsa l’ex primo cittadino di Noceto era uscito allo scoperto con un progetto di quartiere a luci rosse per la città di Parma: era tutto pronto, con tanto di area individuata, ma alla fine il balzo in avanti di Maroni con il rafforzamento dei poteri ai sindaci aveva di fatto fermato la cosa togliendo Vignali dall’imbarazzo di dover stoppare pubblicamente il suo assessore pena una spaccatura in giunta. La fine dell’era delle ordinanze “facili”, poi, oltre a un drastico ridimensionamento della Carta di Parma, pone altri problemi sul piatto: in primis la voce entrate, visto che tutte erano pesantemente sanzionate, per non parlare delle assunzioni dei vigili, una ventina di unità, su cui Fecci ha costruito per mesi e mesi una vera e propria battaglia (poi vinta), sfidando il patto di stabilità e le rigide norme che impediscono assunzioni nella pubblica amministrazione.
E’ evidente che la retromarcia decisa dalla Corte costituzionale, rende se non inutile almeno non indispensabile lo sforzo economico cui il Comune si è sottoposto facendo entrare in organico 19 agenti e 3 ispettori, tutti contrattualizzata a tempo indeterminato. Sanguigno e battagliero come sempre, Fecci non lascia nulla di intentato, arrivando persino al “ricatto”, posto sempre pubblicamente: “I provvedimenti sono considerati illegittimi perché limitano la libertà individuale delle persone e perché producono una disparità di trattamento fra cittadini italiani di differenti zone del paese. Desidero informare i cittadini di Parma che ora, dopo la sentenza della Consulta, non avremo più uno strumento fondamentale per garantire la sicurezza urbana”.
Il decadimento delle ordinanze dei sindaci-sceriffi deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.115, non riguarda solo Parma. Nell’intera regione Emilia Romagna diverse sono le ordinanze che rischiano di finire nella ragnatela della Consulta. A partire da Bologna dove Annamaria Cancellieri ha istituito il servizio dei “vigili di prossimità”, con 270 agenti armati con pistola, radio portatili e palmari; senza dimenticare il no a bivacchi, elemosina e lavavetri, oltre che la lotta ai writer che nelle ultime settimane ha visto i giovani “artisti di strada” lanciare l’amo della provocazione al gestore della cosa pubblica comunale bolognese.
Non è esente la città di Modena, che solo tre giorni fa ha siglato con il ministro dell’Intero Roberto Maroni, il “Patto per Modena sicura”. L’ordinanza a rischio nella città della Ghirlandina, difatti, è quella che vide la polizia municipale munirsi di spray al peperoncino e del baton, il manganello estensibile bianco.
Città che vede come primo cittadino Giorgio Pighi, anche a capo, in qualità di presidente, del Forum italiano per la sicurezza urbana, il quale riguardo la recente sentenza della Corte Costituzionale afferma: “Ora basta con improbabili scorciatoie, aggiustamenti parziali e riparazioni che spesso risultano peggiori del danno. Soprattutto basta minimizzare, conviene ammettere l’errore e ripartire dal merito”, ricordando che la “sentenza fa seguito ad altra recente decisione che esclude da dette ordinanze tutte le situazioni di polizia amministrativa locale”.
Non rientra nella scure della Consulta, ma solo perché ancora ferma dal Prefetto (per sua stessa ammissione) l’ordinanza targata Luca Caselli, sindaco Pdl (ex An) di Sassuolo (nel comprensorio ceramico della provincia di Modena), relativamente al divieto di circolazione col burqa.
Da verificare anche quella antidegrado del comune di Rimini, attivata nell’estate 2008, piuttosto che l’ordinanza di lotta alla prostituzione, promossa dal sindaco Alberto Ravaioli che già pensa, in attesa di provvedimenti di carattere nazionale, di adeguare l’ordinanza agli attuali parametri normativi, senza tuttavia mollarla.
Viene “etichettata” come una sentenza prevedibile quella emessa dalla Consulta, per il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, che dichiara di aver già attivato il Prefetto per una convocazione urgente del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. L’effetto della decisione dei giudici costituzionali, difatti, è di rendere inapplicabili anche a Piacenza le ordinanze in materia di sicurezza per il contrasto alla prostituzione, all’accattonaggio, al degrado degli immobili, all’imbrattamento causato da graffiti, al divieto di vendita degli alcolici, all’occupazione abusiva di immobili e al fenomeno del bivacco.
Ordinanze in parte comuni anche ad altre province della Regione, come il comune di Ravenna il cui sindaco Fabrizio Matteucci è noto come l’autore di norme anti-sballo. Qualche esempio: contro lo sballo a Marina di Ravenna; contro il degrado all’Isola San Giovanni e al Quartiere Sant’Agata; per limitare il fenomeno dei parcheggiatori abusivi; per il contrasto della prostituzione di strada; per il decoro urbano; per regolare gli orari di chiusura degli internet point e degli empori; per arginare il dilagare del consumo di droga negli spazi pubblici e il consumo di alcol da parte dei minori di 16 anni.
f.b. e f.r.