Perché, nel giro di quattro giorni, il Corriere della Sera, ha dedicato due mezze pagine (attivando due “grandi firme” come Francesco Verderami e Aldo Cazzullo) alle “giornate incerte, affannose e amare” di Gianni Letta? Forse perché qualcosa bolle nella pentola dei “poteri forti”? Forse per accogliere un’esigenza di visibilità del “gran ciambellano” del berlusconismo? Forse per valorizzarne i tentativi di moderazione delle azioni, delle parole e dello stile del suo agitatissimo (e indiscusso) datore di lavoro? Ma perché, poi, spingersi sino alla sua fattuale beatificazione, rappresentandolo, anzi semplicemente definendolo – con la prestigiosa penna e firma di Cazzullo – nientemeno che la personificazione dell'”Italia moderata”?
Che Letta sia un tutt’uno con Berlusconi e il berlusconismo – in tutto il suo spettro di valori e disvalori, di politica e affari, di obiettivi e di metodi – non c’è alcun dubbio. Non bisognava aspettare l’ennesima indicazione di Letta quale possibile Presidente della Repubblica, in questi giorni, da parte del Cavaliere. E’ dirigente Fininvest dagli anni Ottanta (e vi è stato sostituito dal figlio), è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dal primo governo berlusconiano nel 1994 ed è perfettamente organico allo stile e all’armamentario del suo capo, che usa e alterna lui, al bisogno, come guanto felpato e altri come armi contundenti.
Così, mentre Berlusconi faceva strame della dignità del Parlamento e del rispetto della magistratura, mercoledì 13 aprile il Corriere titolava con evidenza: “E Letta, amareggiato rilancia la fiducia nella politica bipartisan”. Come se Letta potesse effettivamente rilanciarla e come se quel titolo non fosse esattamente quello che Berlusconi voleva ottenere, grazie all’immagine “moderata” di Letta, per alleggerire la tensione che promanava dalle altre pagine di politica interna. “L”aria mistica’ dell’Abbazia benedettina di Cava dei Tirreni”, riferiva Verderami, ha spinto Letta “a evidenziare la differenza con l”atmosfera infernale’ che regna nei palazzi della politica”. Un inferno dove, naturalmente, non c’è posto per il bunga bunga e i giochi priapeschi e dove invece, riporta Verderami, “nessuno è esente da colpe”. Da una parte Berlusconi e la sua maggioranza, dall’altra le opposizioni. Tutti colpevoli. Con l’aggiunta che D’Alema si è spinto sino a chiedere le elezioni anticipate. “E’ stato un evento senza precedenti”, annota Verderami. E invece per Letta “la speranza è che torni lo spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizione”. La stessa di Berlusconi, di Alfano, di Schifani…
E sabato 16, un’altra mezza pagina. “la linea del sottosegretario: senso del dovere nei confronti delle istituzioni e dell’interesse nazionale”. Quasi le stesse parole che ripete ogni giorno Berlusconi. Ma – testimonia Cazzullo – “il ‘disagio’ di Letta è lo stesso dell’Italia moderata”. Lui “è il demiurgo e il simbolo del tentativo di ‘democristianizzare’ il Cavaliere, o comunque di istituzionalizzare la sua figura, frenarne le esuberanze, moderarne il linguaggio e i comportamenti… Ha lavorato perché il Pdl non perdesse di vista l’unità con le altre forze del partito popolare europeo”. Un obiettivo, ammette Cazzullo, che “oggi sembra più lontano di ieri”, come tutti gli altri elencati. Sia chiaro: “La fedeltà di Letta all’attuale governo non è in discussione”. Ma “se il suo lavoro continua, più che per la fiducia in un progetto politico, è per il senso del dovere nei confronti delle istituzioni e dell’interesse nazionale”.
Allora, meno male che Gianni c’è. Sembra che sia un dipendente di Berlusconi, sembra che ne condivida da trent’anni tutto (riteniamo non rimettendoci personalmente), sembra che sia uno dei tasti del pianoforte che a seconda dei casi il Cavaliere pigia per accennare a una canzone anziché a un’altra, ma in effetti è solo un “civil servant” (parola di Cazzullo). Come se Berlusconi e i suoi interessi fossero lo Stato – la convinzione che in effetti muove come un sol uomo, dall’inizio della legislatura, la maggioranza parlamentare e il governo (Letta compreso) ma sinora non il Corriere della Sera – e come se servire Berlusconi e i suoi interessi significasse ottenere la patente di servitori dello Stato.
Ma c’è di più. La mezza paginata del Corriere si chiude ribadendo il riferimento all’Italia moderata, in sintesi la stella polare del Nostro, e auspicando che “le energie si spendano per operare e non per litigare o fare le ore piccole: il sentimento in cui si riconosce Gianni Letta è lo stesso dell’Italia moderata”. Non come fanno le opposizioni e certa stampa, signora mia!