“Le città invisibili sono le città delle memorie e dei desideri, delle promesse non mantenute e degli ideali negati, delle città possibili rimosse”. Si aprono così Le città invisibili. Variazioni precarie sul tema, scritte dalla rete dei Ricercatori precari di Bologna, per la neonata casa editrice BUPP, Bononia University Precarious Press, a fare il verso alla “prestigiosa” Bononia University Press, casa editrice legata all’Ateneo bolognese.
I precari della ricerca scelgono la letteratura come mezzo per parlare a un’intera città, per raccontarsi ancora una volta, non solo dentro l’accademia, ma in una Bologna che stenta ancora a riconoscere il ruolo insostituibile dei quasi 5000 precari che mandano avanti l’Ateneo bolognese.
“Bologna si protegge con un velo di cartapesta” scrivono i ricercatori, “mostrando ai visitatori una città che non è più e così anche la nostra Università si fa schermo dietro il suo passato altisonante, il prestigio di cui si vanta e il merito che rivendica come proprio”.
Ecco allora le città narrate da Calvino trasformarsi per diventare Universalia, Feudalia, Rettoria, Precaria Baronia e altre ancora. Città come Bologna dove invisibili sembrano essere le migliaia di precari della ricerca e non solo, che sostengono col proprio lavoro quotidiano il futuro della formazione.
Numeri alla mano la proporzione è schiacciante: 1057 assegnisti di ricerca, 1838 dottorandi, 1565 docenti a contratto, e a questi si aggiungono 270 tutor didattici e 340 docenti esterni per un totale di 4885 ricercatori precari a fronte di soli 2930 docenti strutturati. Eccolo il popolo degli invisibili, ai quali non viene riconosciuta alcuna forma di welfare e di continuità di reddito. Una situazione già disastrosa che, con l’entrata in vigore della legge Gelmini, andrà aggravandosi.
L’atteggiamento dell’Ateneo nei confronti dei ricercatori precari, al di là delle dichiarazioni di intenti, non si è finora tradotto in un riconoscimento formale delle loro istanze. Basti pensare che la commissione statuto, chiamata a recepire le direttive della nuova legge Gelmini e a trasformare l’intero assetto dell’Ateneo, è stata nominata direttamente dal rettore, senza alcun rappresentante dei ricercatori precari, che si vedono così esclusi, insieme ai ricercatori strutturati e agli assegnisti, dalla progettazione dell’Università dei prossimi anni.
Per questo la rete dei precari, oltre a proseguire la sua battaglia dentro l’Ateneo ha scelto di aprirsi alla città e di raccontarsi con un libro che si annuncia come il primo di una serie di eccellenti riscritture.
L’esordio, in occasione della manifestazione “illuminiamo la città” dello scorso sei aprile, dedicata ai tagli alla cultura, non poteva andare meglio, con centinaia di persone che hanno incontrato i precari, ascoltato le loro storie e rivendicazioni, acquistando, con un’offerta simbolica, queste Città invisibili del 2011. A breve il libro diventerà un e-book scaricabile gratuitamente online sul sito dei ricercatori precari:www.ricercatoriprecaribo.it.
Antonio Celavi