Il Parma Calcio rischia di andare in serie B. Ricordo Palermo, all’indomani della promozione in serie A: le bandierine rosanero appese in cielo facevano ombra ai palazzi distrutti attorno a Ballarò. Forse toccherà anche a noi, dove da qualche anno a questa parte la città ha scommesso tutto sul misticismo: apparire, come la Madonna. L’ipotesi che il Parma Calcio finisca in B è grave come un accidente di cui vergognarsi, come i pidocchi. Serie A o ne va della reputazione, apparire o niente beatificazione sui giornali.
Piccoli amministratori (“meglio essere qualcuno nella tua città che nessuno altrove”, diceva Molossi, lo storico direttore della Gazzetta di Parma e padre dell’attuale numero uno del giornale) occupano poltrone anche in tribuna vip: per 90′ si può sedere a fianco di pezzi grossi, se gioca lo squadrone, e splendere molto più di loro. Son soddisfazioni.
Nella Parma di oggi la malavita non spara, fa compilare gli appositi moduli, pretende camicie stirate e non dà spazio alla seconda classe. Il calcio è una metafora, ecco perchè ci dobbiamo salvare.
Una cosa è certa: viviamo al di sopra delle nostre possibilità da troppo tempo e identifichiamo il nostro stile di vita con il campionato nel quale militano gli scarponi di casa. Ma siamo già in B., l’Italia intera è retrocessa e in un Paese dove il calcio continua ad essere la cultura di popolo ci si ostina a fare tutto, o quasi, con i piedi.