Pd che soffia il posto a Pd tra i palazzi della Regione governata da Vasco Errani. Dopo che i giudici hanno dato di nuovo ragione al reggiano primo dei non eletti, che da un anno sta assediando lo scranno di una ferrarese imbarcata a suo tempo nel listino del governatore, torna di moda in viale Aldo Moro la bufera politica targata Democratico. I fatti sono recentissimi: la Corte d’appello di Bologna ha appena dato ragione a Marco Barbieri da Reggio Emilia, che così torna consigliere regionale a tutti gli effetti, respingendo il ricorso della estense Daniela Montani, giudicata già in primo grado non eleggibile.

Un po’ di storia. Alle regionali 2010, poco più di un anno fa, Barbieri resta fuori per un soffio e si aggiudica il titolo di ‘primo fra gli ultimi’. Montani, forte del listino, entra dritto in assemblea, ma subito si capisce che qualcosa non va. All’epoca, infatti, la ferrarese è dipendente della Regione e lavora nello staff del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Bertelli – a sua volta ferrarese di Copparo proprio come Montani – e braccio destro di Errani. Ma la legge è legge. Quella nazionale dice che bisogna dimettersi nel momento in cui si accetta una candidatura politica, ma Montani non lo fa.

Diverso, invece, il trattamento previsto per i dipendenti a tempo indeterminato, che – loro sì – possono usufruire dell’aspettativa per motivi politici. Proprio sul tema dell’aspettativa per una maternità Montani ha basato la propria strategia in appello, ma la Corte non le ha dato ragione. Già a settembre il Tribunale civile di Bologna aveva promosso Barbieri e bocciato la ferrarese che, va ricordato, aveva ricevuto l’appoggio della Regione in primo grado. Il 4 febbraio la Corte d’appello decide di rinviare tutto al 15 aprile: la sentenza, puntuale, è arrivata ed è immediatamente esecutiva (a meno che Montani non ottenga una sospensiva – dalla stessa Corte che le ha dato torto – una sospensiva in vista di un ulteriore ricorso in Cassazione).

C’è un particolare che spicca. La sentenza di primo grado dice che Barbieri sarebbe dovuto entrare in assemblea fin dall’inizio della legislatura: la retroattività, ora, potrebbe costringere chi di dovere a risarcire Barbieri e, addirittura, obbligare Montani a restituire quando percepito finora come consigliere regionale. Un bel gruzzolo.

In ogni caso, se la vicenda giudiziaria arriva al capolinea quella politica torna a tenere banco. Barbieri, ex Ppi, può perdonare, ma non dimenticare chi quasi a priori si è schierato con la (ex) consigliera ferrarese: “Avevo contattato tutto il gruppo… mi hanno risposto in pochi e a titolo personale. Chi mi ha parlato mi ha fatto capire che l’input ricevuto era un altro…”.

Il reggiano, che non vede l’ora di entrare in pista, assicura di essere “dispiaciuto” per Montani e nega ogni obiettivo “personale”, ma non nasconde la propria amarezza nei confronti del gruppo Pd: “E’ stato sbagliato l’approccio legale e tutti hanno fatto finta di niente, dai piani alti dell’amministrazione non ho ricevuto neanche una telefonata…”.

Dunque Barbieri coltiva l’idea di costituire un gruppo autonomo? “Rispetterò il mandato dei miei elettori”, frena il diretto interessato pur definendosi “libero” nella linea da seguire di qui in avanti. Nel frattempo, si fa vivo il Movimento 5 Stelle, l’unico gruppo in Consiglio regionale a non votare la nomina di Montani lo scorso 3 giugno. Non ottenendo lo stralcio del voto su Montani, i grillini uscirono dall’aula: “Da parte del consigliere regionale Maurizio Cevenini – ricorda il movimento in una nota ufficiale – era arrivato l’invito a ritirare la nostra richiesta di approfondimento della questione. Mentre il capogruppo Pd in Regione, Marco Monari, parlava di “atteggiamento poco elegante” da parte nostra, nel sollevare dubbi sull’eleggibilita’ di una collega presente in aula. Oltretutto, in primo grado viale Aldo Moro si costituì parte civile al fianco di Montani”. Ora, chiede il capogruppo grillini Andrea Defranceschi, “chi paga per la caparbieta’ della Regione e le leggerezze del suo Ufficio di presidenza? E la collega dovra’ restituire quasi un anno di stipendi e benefit? E poi ci si lamenta delle spese legali a quattro mesi dall’inizio dell’anno…”.

Carlo Kovacs

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