“Bocchino è un quaquaraquà”. Nicola Cosentino non si sottrae ai microfoni dei giornalisti all’ingresso del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Polemizza con l’ex compagno di partito e interviene in merito agli attacchi dei finiani per la mancata pulizia delle liste a sostegno di Gianni Lettieri, il candidato sindaco del Pdl a Napoli, voluto da Cosentino. Per l’ex sottosegretario all’Economia ieri è stato giorno di udienza, la seconda dall’inizio del processo a suo carico. La procura di Napoli lo accusa di concorso esterno in associazione camorristica e di collusione con il clan dei Casalesi.
Sul procedimento che lo vede coinvolto Cosentino si dice tranquillo e sugli attacchi del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi contro le toghe dice: “C’è una piccola parte di magistrati che ha scelto di politicizzare l’attività di giustizia, nel caso mio verificheremo tutto davanti al giudice naturale. Sono ottimista, per questo ho preferito il rito immediato così da non far decantare il processo in mille meandri e allungargli la vita”. Sono diversi i pentiti che accusano Cosentino di collusione con il clan dei Casalesi. Per l’ex sottosegretario all’Economia la legislazione sui collaboratori di giustizia “dovrebbe forse essere migliorata: i pentiti hanno molto da farsi perdonare e da salvare in termini di condanne e patrimonio, bisogna riscontrare quello che dicono”.
Dopo le polemiche, la parola all’aula di giustizia e al dibattimento che si celebra davanti al collegio C della prima sezione penale del tribunale sammaritano, presieduto da Giampaolo Guglielmo. L’udienza si è aperta con la definizione delle parti. La presidenza del Consiglio, ritenuta parte lesa, non si è costituita parte civile. Assente l’avvocato dello Stato, mentre il tribunale ha escluso la partecipazione di Sel come parte civile perché il partito di Nichi Vendola è un movimento di recente formazione.
L’accusa, pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci, all’inizio del dibattimento ha chiesto al tribunale di acquisire un ampio dossier contenente sentenze pronunciate in questi anni contro il clan dei Casalesi e contro uomini vicini a Cosentino, come quella di condanna a carico di Giuseppe Valente, già presidente del consorzio Ce4 e di Impregeco, società infiltrate dalla malavita e sotto l’egemonia politica di Cosentino. Nelle sentenze c’è la dimostrazione della presenza del clan casertano nella gestione dei rifiuti dagli inizi degli anni ’90 e trovano riscontro e attendibilità fonti di prova che ora accusano Cosentino di collusione con i Casalesi. Non solo. A carico di Nicola Cosentino ci sono anche le intercettazioni con uomini di Gomorra come Michele Orsi e lo stesso Giuseppe Valente. Ascolti (in tutto 46) per i quali la Camera dei deputati ha negato l’autorizzazione all’utilizzo. Per questo la pubblica accusa ha chiesto al tribunale da un lato di trascrivere le intercettazioni che non vedono direttamente al telefono Cosentino e dall’altro di sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Consulta in modo da poter usare tutto il materiale a disposizione. Non è stata l’unica richiesta formulata dai pubblici ministeri.
L’accusa ha fatto poi riferimento all’inchiesta della procura di Roma sulla P3, in cui ci sono alcune intercettazioni (in tutto 90), tra cui quelle intercorse tra Cosentino e Pasquale Lombardi, l’uomo che aveva avuto anche un ruolo nel consorzio Ce4. Da quegli ascolti emergerebbe il tentativo, visti i rapporti di Lombardi con Vincenzo Carbone, ex presidente della Suprema Corte, di condizionare la Cassazione che doveva decidere se confermare o meno l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli a carico dello stesso Cosentino. Tentativo che non ebbe l’esito sperato dalla cricca. Nell’udienza di ieri, la procura ha chiesto così al tribunale di interpellare la Camera dei deputati per autorizzare l’uso di quelle intercettazioni utili a delineare il profilo dell’imputato e la condotta criminosa contestata. Quella Camera che ha già negato l’arresto di Nick o’ mericano, plenipotenziario del Pdl campano.