Daniele Auber, ha interrotto il Dams per andare a lavorare con Dario Argento. Ma solo all'estero ha trovato il proprio spazio. Prima Londra poi gli Stati Uniti. In Italia? "Tornerei certo, ma vorrei ci fosse più serietà. Ricordo che a Roma per farmi pagare dovevo quasi pregare"
Avete presente la scena in cui Johnny Depp fluttua in un mondo fantastico nel film Parnassus? Oppure la scena in cui Monica Bellucci invecchia di 500 anni ne I fratelli Grimm e l’incantevole strega? Le “magie” sono opera di un triestino 42enne emigrato a Los Angeles: Daniele Auber. Ci parla dalla sua casa sulle colline di Hollywood, dalla finestra vede l’osservatorio astronomico, quello diventato famoso per la lotta a coltelli fra James Dean e Dennis Hopper in Gioventù bruciata. Daniele si definisce un concept designer. “Rendo reali le visioni dei registi, trasformo in disegni le sceneggiature”. Le sue specializzazioni sono il fantasy e l’horror, e i registi di cui parla sono del calibro di Terry Gilliam e Wes Craven, il padre di Freddy Kruger.
Quali sono i tuoi ultimi lavori? “Per Craven ho disegnato The ripper, lo squartatore del film che fra poco uscirà in Italia My soul to take (Prendi la mia anima) e le storyboard di Scream 4, anche questo in uscita. Per Terry Gilliam ho realizzato le ambientazione fantasy di Parnassus, quelle appunto in cui si muove Johnny Depp, e le creature fantastiche del film I fratelli Grimm. Ora però sto lavorando alla mia seconda sceneggiatura. Infatti scrivere è la mia ultima passione”.
Prima però c’è stata Londra vero? “Sì, a Londra ho lavorato per la Jim Henson Company, quella che ha inventato il Muppet Show e ha creato tutte le tecnologie che stanno dietro a Guerre Stellari. Sapevi che la voce di Yoda è la stessa di Miss Piggy? Per loro ho fatto gli effetti speciali del film Jack e la pianta di fagioli, e ho vinto anche un Emmy Award, l’Oscar della televisione. È per questo che ho ricevuto la green card, il permesso per vivere e lavorare negli Stati Uniti. Prima ancora però, c’è stata Roma, e in particolare la bottega di Sergio Stivaletti che mi ha insegnato il mestiere e mi ha permesso di lavorare con Dario Argento e approdare al cinema horror”.
L’Italia sembra più lontana che mai. Cosa vedi da laggiù? “Sono molto grato all’Italia, Stivaletti mi ha insegnato a sviluppare le capacità artigianali e l’arte di arrangiarmi. Ma la cosa che mi strappa il cuore ora è che, oltre all’arte, la vespa e la cucina, ciò che tiene (ancora) alta la nostra reputazione è il cinema. Gli americani sono ancora molto legati all’immaginario di Federico Fellini e di Michelangelo Antonioni. Un’eredità che è completamente scomparsa, non perché sia impossibile farla rimanere in vita ma perché chi governa non l’ha considerata una ricchezza e non ha capito che l’industria cinematografica può essere anche molto redditizia. Se gli venisse data l’importanza giusta sarebbe fortissima. Oltretutto nello show business l’italiano è ancora visto come quello che ha una marcia in più, perché tutti qui sanno che noi cresciamo circondati dall’arte e dalla bellezza. Ci riconoscono questa ricchezza di cui invece in patria non ci rendiamo più neanche conto”.
Non solo. “Anche l’horror italiano anni ‘70, è tuttora oggetto di culto in tutto il mondo. E avrebbe delle potenzialità enormi se solo gli si desse l’opportunità di risorgere. In Italia ci sono molti talenti che potrebbero essere i protagonisti di questa onda. Ma è un genere che viene considerato tecnicamente troppo costoso, mentre le commedie romantiche non hanno bisogno di effetti speciali”.
Torneresti? “Sì, il mio desiderio è tornare in Italia un giorno, girare i miei film e mettere in pratica tutte le cose straordinarie che ho imparato lavorando con i grandi, ma mi piacerebbe vedere che vengono fatti investimenti e progetti e che c’è un’etica nel lavoro”. Cosa intendi? “Mi piacerebbe vedere più professionalità nelle relazioni, nell’impegno, nei pagamenti anche! Mi ricordo che a Roma dovevo pregare per essere pagato nei tempi previsti! Insomma, per il momento sono felice qui, a scorrazzare in vespa sulle colline e bere noci di cocco”.