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Stati Uniti, per Obama inizia una tre giorni <br/> sul bilancio. “Alziamo le tasse per i più ricchi”

Imposte e tagli. Il presidente degli Stati Uniti entra in campagna elettorale. Obiettivo: trovare con le opposizioni un accordo sul deficit per riporterà il sereno sui mercati, dopo le critiche di Standard & Poor's

Un colpo ai repubblicani, che vogliono “tagliar ancor più le tasse ai ricchi”. Poi l’apertura agli avversari, perché gli Usa riusciranno comunque ad “avere un accordo sul deficit” che porterà il sereno sui mercati, preoccupati per il giudizio negativo dell’agenzia Standard & Poor’s. Infine, un occhio a Facebook, che tornerà a essere strumento per raccogliere voti in vista delle elezioni del 2012. Barack Obama ha cominciato così, confrontandosi davanti agli studenti di un ateneo della Viriginia, la “tre giorni per il bilancio”, un assaggio di campagna elettorale dove si è parlato di tasse e tagli. Bersaglio frequente sono stati i repubblicani, che propongono un piano alternativo a quello della Casa Bianca, la quale punta a meno tasse e più tagli, soprattutto per lo stato sociale. Le prossime tappe del tour presidenziale saranno la California, al quartier generale di Facebook, e il Nevada.

Secondo l’Obama più “ecumenico”, tra democratici e repubblicani c’è un “accordo generale” per ridurre di 4 trilioni di dollari, nell’arco del prossimi decennio, il disavanzo statunitense. Certo, il presidente ammette che “non sarà semplice, e ci saranno fieri scontri” tra i due partiti. A dirla tutta, repubblicani e democratici sembrano avere ricette veramente differenti. I conservatori vogliono smantellare la sanità e la previdenza che Obama ha rafforzato con le sue riforme. I progressisti vogliono invece alzare le tasse ai più ricchi e tagliare altrove, magari sulle spese militari.

Il partito di George W. Bush e Sarah Palin ha però la maggioranza alla Camera, e lì è riuscito ad approvare la sua versione dei tagli. Quel pacchetto, però, difficilmente avrà luce verde del Senato, dove i democratici continuano a mantenere una maggioranza risicata. Da settimane sono in corso consultazioni nella cosiddetta Gang of six (la “Banda dei Sei”), composta da tre senatori democratici e tre repubblicani, che hanno tentato, invano, di trovare un accordo.

Come ha dichiarato con preoccupazione la Standard & Poor’s questo lunedì, sarà molto difficile che si trovi un accordo, e questo preoccupa i mercati: a lungo termine, l’economia a stelle e strisce potrebbe diventare instabile e inefficace. Lo stesso presidente, durante il dibattito al Northern Virginia Community College, ha sottolineato, che tra i due partiti la separazione è profonda, “filosofica”. Secondo Obama, i democratici vogliono “continuare a investire nel futuro”, con balzelli per i più abbienti e con alcuni tagli, i quali però non incideranno troppo duramente “su istruzione, ricerca di base, infrastrutture”. Il pacchetto dei repubblicani, invece, “non solo non chiede ai più affluenti di pagare di più, ma taglia loro le tasse”:

L’inquilino della Casa Bianca sostiene che si deve chiedere di più ai ricchi “non perché vogliamo punire il successo, anzi, io mi aspetto che molti dei giovani presenti in questa palestra diventino ricchi, e questo va bene (…), questa è l’American Way, ma non possiamo dire agli affluenti di sedersi e rilassarsi, perché altri si occuperanno di questi problemi, in fondo sappiamo che per pagare i tagli dei repubblicani dovremmo chiedere ai più anziani di tirare fuori soldi per la loro assistenza medica”.

Obama ha alternato critiche ai repubblicani con speranze ecumeniche per un accordo, che francamente, al momento, non sembra all’orizzonte. Speranzoso, comunque, si è detto anche il ministro del tesoro di Washington, Tim Geithner, che in una serie di interviste televisive ha rassicurato: gli Stati Uniti riusciranno ad avere un accordo per ridurre il deficit. Insomma, per Geithner “non esiste il rischio” che la S&P arrivi davvero a declassare gli Usa dalla tripla A. Passi avanti, secondo Geithner, verranno fatti ben prima della scadenza elettorale del 2012, già “nei prossimi mesi”.

di Matteo Bosco Bortolaso