Balla dopo balla, effrazione dopo effrazione, il carrozzone del centrodestra sta ritagliandosi un proprio mondo. Un cosmo intriso di protervia, irrispettosità, aggressività, autismo e impotenza nel fornire risposte sensate e civili alla sarabanda politica e sociale in cui annaspa l’Italia. Una magione allargata che negli ultimi anni è riuscita a beffare elettori e non, anche grazie alle premiate megafonate dei giornali arcoresi, seppellendo programmi e promesse sotto tali e tanti strati di menzogne che, al confronto, le rovine di Ilio erano più accessibili.

Un microspaccato di quel girone di ego esulcerati, di psiche in subbuglio e di competenze latitanti quale è la maggioranza di governo si è svelato in tutto il suo sfolgorio ieri sera a Ballarò.

Il primo assaggio del collaudato repertorio di slogan della grandeur berlusconiana si è registrato quando la Gelmini, imboccando il solco segnato dal suo mentore, ha narrato le gesta filantropiche del premier e ha ribadito, col sottofondo delle risatine degli astanti “di sinistra”, che Ruby era solo “uno dei tanti casi di beneficenza”. Una sorta di Cosette dei Miserabili, tanto bisognosa di aiuto. Il fatto che abbia conosciuto a un concorso di bellezza l’immarcescibile ottantenne Emilio Fede è solo una barbina coincidenza.

Ad enfatizzare la bontà di Silvio, il ministro ha buttato ulteriore trippa nel fuoco, snocciolando altri esempi di generosità: dai terremotati aquilani a “gente normalissima”, arrivando persino a citare nomi e cognomi. E così narra la storia di Manola Mongai, una donna condannata alla sedia a rotelle, da lei conosciuta nel 1994 quando faceva la volontaria di Forza Italia, e aiutata economicamente da Berlusconi fino a quando non ha esalato l’ultimo respiro.

Ma il vero sisma tellurico che fa deflagrare l’aplomb ittico del duo Gelmini-Cota avviene a seguito dell’intervento di Enrico Letta. Il deputato piddino legge in studio una tabella contenente i nuovi tagli previsti da Tremonti (si tratta della Tabella IV.1, che si trova alla pagina 61 del file pdf scaricabile qui ). Secondo tali dati, alla scuola verranno tolti quattro miliardi e mezzo l’anno per tre anni.

Il ministro Gelmini, non conoscendo palesemente quei numeri, impallidisce, tenta di negare, emette suoni catacombali, farfuglia qualche parola invocando l’assente Tremonti (Tremonti me l’avrebbe detto… quei dati sono falsi”), insinua che “la tabella è sbagliata”, circumnaviga la questione veleggiando lemme lemme, si dimena disperatamente per smentire. Non basta neppure l’intervento magnanimo del prode Mario Sechi, appena ringalluzzitosi per un monologo in bella forma in cui ha sfoderato un appellativo tanto cool per definire il suo amato moquettato di Arcore: “front runner”.

Il nobile gesto di Sechi è vano, Letta infierisce crudelmente sventolando la criminosa tabella, la Gelmini sembra tramortita da quella gragnuola di abominevoli numeracci.

Ma ecco il tanto atteso coupe de theatre. Il soccorso salvifico proviene dalle retrovie e si incarna in un uomo del pubblico. Non si tratta ovviamente del padano Gianluca Buonanno, più a suo agio nel circo mediasettaro (donde gli sghignazzi reiterati che sfoggia alle spalle di Cota). In realtà, l’eroe risolutivo è il fido suggeritore del ministro. E’ lui che la imbecca con pazienza e solerzia, ignorando che l’ardita impresa equivale a buttarsi in una piscina vuota. “Si tratta di ‘minori spese’, previsioni di spesa! Di minori spese, non sono nuovi, come mi dicono qua dietro!”, ripete la trafelata Gelmini come una cocorita ben addestrata. Ma anche questa tattica bellica non basta: il bravo suggeritore, reprimendo con difficoltà l’istinto di tuffarsi tra gli ospiti, arriva persino a spiegare direttamente al conduttore Floris l’entità di quei tagli, scatenando l’ira legittima di Giovanni Valentini.

E’ ormai troppo tardi: il clima nello studio è diventato troppo incandescente e incontrollabile e Floris è costretto a sollecitare nervosamente la regia per mandare in onda un nuovo servizio.

Lo scempio dialettico prosegue con la grottesca coppia Cota-Gelmini, che all’unisono addebita le esose spese della scuola italiana ai 200.000 bidelli (“più numerosi dei carabinieri”, a dire di Cota) e alle spese di pulizia tramite appalti.

La morale di questo trashume poco divertente è sintetizzata magistralmente da Maximus, un frequentatore di usenet: la Gelmini si è giustificata affermando che ha investito oltre 100 milioni sull’edilizia scolastica e risparmiato 300 milioni sulla carta igienica. Della serie: fatevela addosso, tanto le scuole crolleranno ugualmente.

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