Padre e figlio, già finiti agli arresti per il crac dell'azienda di moda, vogliono ricavare soldi dalla procedura fallimentare. Tutto questo mentre a Milano restano sotto inchiesta per una lunga serie di reati
Proprio ieri, infatti, si sono svolte in Tribunale a Reggio Emilia due udienze di verifica dello stato passivo di Mariella Burani Fashion Group e di Burani Private Holding. Per quanto riguarda la prima (la Mariella Burani Fashion Group, in amministrazione straordinaria) i creditori aggiuntivi che hanno presentato domanda di ammissione, tra banche, studi professionali e consulenti, ammontano a 190.
Sempre ieri è stato chiuso dal giudice fallimentare Luciano Varotti, (assediato dai creditori) lo stato passivo per il fallimento di Burani private holding. La cifra riconosciuta per gli ammessi in privilegio ammonta a 7.710 euro, per gli ammessi in chirografaro a 101.568 euro. Una sola banca si è insinuata nel fallimento, si tratta dell’Interbanca. Ma come persone fisiche, si fa avanti anche la famiglia Burani (Giovanni e Walter) in qualità di membri del consiglio di amministrazione della maison reggiana. Praticamente le stesse persone che per i pm hanno causato il crac. Un paradosso, anche se l’esito non è scontato: per il momento il giudice si è riservato di decidere. Le richieste invece che il giudice ha già respinto ammontano a poco più di 14 milioni di euro: i creditori esclusi hanno ora la possibilità di fare ricorso, anche se ancora ignoti sono nomi e numeri di coloro non ammessi al fallimento.
I due Burani erano stati iscritti nel registro degli indagati ad aprile dell’anno scorso, quando la procura di Milano aveva deciso di procedere contro Walter Burani, i figli Andrea e Giovanni, Giuseppe Gullo e Kevin Tempestini come componenti del consiglio d’amministrazione di “Burani designer holding”, la società di diritto olandese a capo di “Mariella Burani fashion group”, dichiarata fallita dal tribunale in due mesi prima. Nel mirino dell’indagine, curata dai magistrati della procura di Milano Luigi Orsi e Mauro Clerici, anche l’offerta pubblica di acquisto lanciata da Bdh (Burani and Design Holding) sul 15% del capitale di Mbfg (Mariella Burani Fashion Group) a metà 2008 attraverso una subholding.
A luglio l’arresto con l’accusa di bancarotta fraudolenta, risolto poi con i domiciliari per il padre Walter, ma con il carcere di San Vittore per il figlio Giovanni. Secondo i pm i due, travolti da una “smania finanziaria”, avrebbero dissipato il patrimonio della società attraverso operazioni, tra le quali il sostenimento artificioso del titolo in Borsa.