Non è riuscito a sfuggire ai fotografi, nonostante per il suo matrimonio con Raffaella Zuccari, 43 anni, professoressa d’italiano, abbia scelto Mondolfo, provincia di Pesaro Urbino, suggestivo borgo medievale. Mondolfo e non Bologna, perché avrebbe riempito piazza Maggiore, potete esserne certi. Come accadde nel 1984 per il concerto che celebrò i suoi vent’anni di carriera. Era il 21 giugno, e Guccini quella sera ci regalò forse uno dei più bei live della sua carriera, emozionato com’era, in un’atmosfera che aveva ancora il sapore della rive gauche parigina.
Ci vengono le lacrime agli occhi a pensare a quella notte, centocinquanta mila persone, a quella Bologna che oggi non c’è più, a uno dei momenti centrali della musica italiana. Leggete quello che scrisse il giorno successivo su Repubblica Gino Castaldo: “A memoria di bolognese, nessuno ricordava di aver mai visto tanta gente in piazza Maggiore (con la sola eccezione, forse, dei funerali per la strage del 2 agosto). Una folla sterminata, immensa, che riempiva non solo la piazza, ma anche tutta la zona circostante. E così, un po’ per caso, e con la sorpresa degli stessi organizzatori, è esplosa quella che verrà ricordata come la piccola Woodstock della canzone italiana. Non si era mai visto prima… Una grande festa davvero, di quelle che la sciocca miopia del nostro mercato musicale non promuove mai, e che invece dimostrano come la gente è pronta per eventi che sanno di autenticità e di rapporto reale coi sentimenti del pubblico. Ha chiuso Guccini, naturalmente con “Un altro giorno è andato” inno malinconico al tempo che passa, alle cose che finiscono e a quelle che iniziano, la più giusta conclusione per una serata indimenticabile e, forse, irripetibile”.
Forse non credeva neanche lui, Castaldo, di trasformarsi in profeta mentre picchiettava sulla macchina per scrivere. Oggi Guccini non ha più 44 anni, ne ha 71. Ma sembrava più giovane allora e lo sembra ancora oggi, soprattutto quando sale sul palco, come una settimana fa, a Parma: palazzetto dello sport sold out, lui in piedi per due ore di seguito, trascinatore e trascinato dal pubblico.
Chiusa la parentesi nostalgica, la cronaca della giornata non promette niente di buono per i divoratori di gossip. Guccini si è presentato in jeans e camicia, la sposa in abito bianco, ma non da matrimonio. Nessun ospite di calibro, neppure gli amici storici di Bologna, i compagni di osteria, o quelli di Pavana, fatta eccezione per il compagno di giochi cresciuto fra la via Emilia e il West.
Ha festeggiato con pochissime persone, i parenti di Raffaella, e la figlia di Francesco, Teresa, blogger del nostro giornale e che lavora nell’agenzia che organizza i concerti di Guccini, Paolo Conte, Gerardo Balestrieri e un’altra serie di ottimi giovani di cui sentiremmo parlare, alla quale Guccini dedico una canzone nell’album Signora Bovary.
Non ci resta che fargli gli auguri, a tutti. Il 1984 non tornerà mai più, non torneranno quegli odori che permisero al maestrone di comporre pezzi irripetibili come Incontro, Eskimo, La Locomotiva, Un altro giorno è andato e, in anni più recenti, Canzone delle domande consuete, Cirano e, quel capolavoro, a ritmo di tango, che è Scirocco. Ma consapevoli che Guccini può ancora regalare emozioni a non finire durante i suoi concerti. Da single, convivente o sposo che sia.