Il documento di economia e finanza appena approvato dal Consiglio dei ministri prevede in tre anni tagli per 13 miliardi al settore dell'istruzione. Il governo dice che i fondi verranno fuori da "minori spese", ma secondo opposizione e sindacati, la decisione si risolverà in un'altra riduzione dell'organico impiegato negli istituti
Ma c’è di più. E’ in dirittura d’arrivo un’altra operazione chirurgica da 8 miliardi di euro che entro quest’anno porterà a un taglio di 135 mila posti degli organici degli operatori scolastici. Tremonti vuole risparmiare oltre 4 miliardi di euro all’anno (per i prossimi tre anni). Secondo il vicesegretario pd Enrico Letta ciò equivale a veri e propri tagli di organici. Interpretazione che il ministro Maria Stella Gelmini ha già respinto. Ma allora come si ricaverebbero questi fondi? “Non è ancora chiaro – commenta il sindacalista della Cgil scuola Pippo Frisone – ma se non sono tagli di organico, da qualche altra parte questi risparmi dovranno arrivare. E allora forse non resterà che intervenire sugli stipendi degli insegnanti, ribadendo il blocco degli aumenti di carriera”. Ipotesi peraltro che si starebbe già profilando.
Osvaldo Roman, in un intervento pubblicato su www.scuolaoggi.org, osserva: “Con riferimento alla spesa pubblica valutata rispetto all’andamento del PIL, la previsione relativa all’istruzione scende dal 4,2 del 2010 al 3,7 del 2015 e al 3,2 del 2030. Questa scelta viene fatta risalire all’effetto delle ‘misure di contenimento della spesa per il personale, a cui segue un andamento gradualmente crescente nel trentennio successivo dovuto alla riduzione strutturale della popolazione scolastica’. In sostanza continuano ad incidere gli effetti di una ulteriore riduzione degli organici che proseguono oltre il periodo previsto dalla riforma Gelmini. (2009-12)”.
Altra conclusione di Roman: “Ma un contributo a questo ridimensionamento strutturale della spesa per l’istruzione viene assegnato anche all’eliminazione dell’adeguamento automatico delle retribuzioni del personale della scuola negli anni 2011-2013 e seguenti”. Per gli insegnanti italiani, insomma, sarà comunque un avvenire di lacrime e sangue.