Mentre gli appassionati (pochi) alle vicende di mare guardano all’ennessimo atto di pirateria al largo del Corno d’Africa, dove il Cargo Rosalia D’Amato della Perseveranza Navigazione è stato sequestrato ieri l’altro con 22 uomini d’equipaggio a bordo, pochi (e tanto meno chi sta al Governo) intuiscono che nel Mediterraneo si stanno creando le premesse per una nuova stagione di pirateria. Anzi, è già avvenuto, da settimane, il primo atto di vera pirateria contemporanea. Senza che nessuno lo chiami così.
L’occupazione, il dirottamento e infine il sequestro dell’Asso 22, rimorchiatore battente bandiera italiana e di proprietà della società armatrice Augusta Off Shore di Napoli, ieri liberato, è stato a tutti gli effetti un’azione piratesca. Secondo quanto è dato sapere, uomini armati sono saliti a bordo del rimorchiatore italiano, lo hanno costretto a salpare facendone perdere le tracce, poi lo hanno ricondotto nel porto di Tripoli dove sembra sia rimasto fino al momento del rilascio. L’atto, ufficialmente immotivato, ha tutti i connotati della pirateria, soprattutto dopo che Gheddafi e la sua tribù sono stati scaricati ufficialmente dalla comunità internazionale e le loro azioni, dunque, non si configurano più come dettate da un’autorità sovrana.
Il Mediterraneo è stato per tremila anni luogo di intensa attività piratesca e corsara. Gli etruschi erano pirati, i greci erano pirati. Tutti tranne i romani lo furono, come gli Ottomani, i veneziani, gli spagnoli, i francesi, fino ad Andrea Doria e, ancora, fino al congresso di Parigi, che solo nel 1853 dichiarò illegale la pirateria (la schiavitù era illegale dal 1600). Con l’instabilità mediorientale e magrebina, il caos dettato dalle massicce migrazioni, la pesante crisi economica di alcuni paesi europei che si affacciano sui mari meridionali e la totale mancanza di coordinamento politico e comunità d’intenti tra Unione europea, Nato e Onu ci troveremo, anzi, ci troviamo già, nelle condizioni ideali per la rinascita del fenomeno piratesco e forse addirittura corsaro. Non vorrei, soprattutto, alla stregua delle attuali invasioni di boat-people e dell’attività corsara quattro-cinquecentesca, che i pirati (generalmente straccioni coraggiosi ed efferati) diventassero un tassello della politica estera delle superpotenze, ben liete di giostrare su scacchieri confusionari.
Il sequestro di Asso 22 apre una nuova epoca. Non si tratta più di problemi di sconfinamento di qualche peschereccio di Mazara del Vallo. Non mi stupirei se presto, magari questa prossima estate, magari nelle acque della Sardegna meridionale, ci trovassimo a commentare la notizia di un sequestro o di una rapina a mano armata ai danni di una barca a vela italiana o straniera da parte di ignoti a bordo di veloci motoscafi d’altura. Prima di ciò sarebbe bene che la politica consultasse la Marina Militare e gli analisti di questi fenomeni per mettere a punto piani preventivi. Possibilmente non isolati ma coordinati con le altre marine internazionali.
Va ricordato che da molti decenni gli episodi di pirateria nel Mediterraneo sono casi estremamente isolati, quasi sempre piccoli assalti a scopo di rapina o atti di microcriminalità. L’ultimo nelle acque a noi prossime fu tre anni fa, quando un veliero (un Perini, un ketch armato a cutter) fu assalito da un gommone nella baia di Porto Vecchio (in Corsica) e “alleggerito” di trecentomila euro. Probabilmente una soffiata da parte di uno degli uomini dell’equipaggio. Il più clamoroso, romantico e drammatico risale invece al 1988, il famoso sequestro del catamarano Arx con l’uccisione della sua armatrice Annarita Curina e la pazza fuga di una coppia di scapestrati accecati dal mito dei mari del sud.