Nonostante le aperture di giovedì scorso del presidente Bashar al Assad, la tensione resta alta in Siria. Daniel Saud, capo del Comitato per la difesa dei Diritti umani in Siria e leader dei dissidenti, è stato prelevato durante la notte dalla sua abitazione a Banias e trasferito in una località segreta. A denunciare l’arresto è il suo legale, Khalil Maatouk, che ne incolpa il Mukabarat, il servizio segreto siriano. E gli attivisti sono stati impegnati ancora oggi nel conto delle vittime. Alcuni cecchini avrebbero aperto il fuoco durante i funerali a Izraa e a Douma dei manifestanti uccisi ieri negli scontri in Siria. Almeno dieci le vittime, secondo il racconto dei testimoni. “I funerali si trasformeranno in momenti di protesta, come i precedenti”, aveva annunciato un’attivista siriano per i diritti umani. Una prosecuzione delle manifestazioni di ieri in tutto il Paese, dove sarebbero rimaste uccise 112 persone che protestavano contro il regime del presidente Assad. Tra questi, secondo gli attivisti che hanno diffuso una lista dei “martiri”, ci sarebbero anche una bambina di quattro anni e un bambino di dodici. Il ‘massacro del venerdì santo‘, com’è stato definito. Sarebbero così più di 320 le persone morte dall’inizio della rivolta popolare siriana, il 15 marzo nella città di Daraa, a sud del Paese.
Le forze di sicurezza siriane hanno intanto imposto il coprifuoco a Barze, uno dei sobborghi di Damasco teatro ieri dell’uccisione di alcuni manifestanti. Violenze ridimensionate dal regime, che riferisce solo di otto vittime e 28 feriti tra manifestanti e agenti e aggiunge di aver sequestrato a un “gruppo armato criminale” alcune bottiglie di plastica riempite con “sangue vero”, usate per simulare il ferimento o l’uccisione di civili da parte delle forze di sicurezza. Oggi intanto due deputati, Nasser al Hariri e Khalil Rifai, hanno annunciato le loro dimissioni al parlamento siriano, in seguito alle uccisioni dei sivili. E’ la prima volta che accade dall’inizio delle proteste.
“Questo atroce ricorso alla violenza per fermare la protesta deve finire subito”. Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha commentato gli scontri di ieri in Siria. Accusando anche il presidente Assad di cercare “l’aiuto iraniano nel reprimere la libertà dei cittadini siriani, attaverso le stesse azioni brutali che sono state usate dai suoi alleati di Teheran”. Accuse che un portavoce del governo di Assad ha definito “irresponsabili e parte di una provocazione che mette in pericolo la sicurezza del nostro popolo”. Ma all’appello di Obama si è subito unita l’organizzazione per i diritti umani ‘Human Rights Watch‘, che ha chiesto all’Unione Europea di “imporre sanzioni mirate contro figure chiave del regime”. Non solo visti vietati e congelamento dei beni, ma gli attivisti chiedono che l’Ue “interrompa i suoi accordi con i regimi repressivi e conduca una politica estera degna dei suoi ideali”. “Questi sono eventi storici che non potevano essere previsti, – ha aggiunto Nadim Houry, analista dell’organizzazione – è un’opportunità unica per costruire una relazione con la nuova società araba”. Anche dall’Italia arriva la condanna della “violenta repressione contro i manifestanti”, ieri in Siria. “Il diritto di manifestare pacificamente deve essere rispettato. – ha scritto in una nota Maurizio Massari, portavoce della Farnesina – L’attuazione concreta delle riforme ed il rispetto delle libertà fondamentali sono indispensabili per restituire al Paese quella stabilità sostenibile di cui necessita”.