La denuncia arriva da un rapporto del Wwf. Allo spreco di prodotti alimentari corrisponde lo spreco dell'acqua usata per produrli: 280 litri per persona al giorno. Con un aumento del 3% per il gas serra e di 500 sterline per le spese di ogni famiglia
A svelare le dimensioni del problema è il nuovo dossier che il World Wildife Fund ha prodotto sul fenomeno, The water and carbon footprint of household food and drink waste in the UK, pubblicato con la collaborazione dello Waste & Resources Action Programme (Wrap). I sudditi di Sua Maestà producono rifiuti alimentari, comprese le bevande, per 8,3 milioni di tonnellate all’anno, oltre un terzo di tutto il cibo acquistato. Il fenomeno dello spreco sarebbe evitabile, nella maggior parte dei casi: il 60% del cibo che finisce in pattumiera, infatti, potrebbe essere mangiato, se si pianificassero meglio i meccanismi legati alla sua produzione, distribuzione e immagazzinamento.
“La crescente preoccupazione per la disponibilità di acqua ha evidenziato che è fondamentale capire le connessioni tra i rifiuti di cibo, acqua e cambiamento climatico”, afferma Liz Goodwin, amministratore delegato del Wrap. Sono infatti i dati relativi al consumo di acqua a colpire maggiormente: “L’impronta idrica di cibo sprecato (indicatore dell’acqua consumata per produrlo, ndr), 280 litri per persona al giorno, è quasi il doppio della media giornaliera dell’uso domestico di acqua nel Regno Unito, 150 litri per persona al giorno”, sottolinea la Godwin: “Cifre abbastanza impressionanti”.
I dati dell’ultimo rapporto rappresentano un fenomeno che negli ultimi anni si è aggravato, visto che nel 2008 le tonnellate di cibo buttate via erano 6,7 milioni. Con conseguenze negative sull’ambiente e sul portafoglio delle famiglie. Lo spreco alimentare resta una piaga delle nazioni “ricche”, come denuncia Tristram Stuart, autore del saggio-inchiesta Sprechi. Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare. Lui, per protesta, ha deciso di cibarsi degli scarti dei supermercati: frutta e verdura non “adeguata” per forma e colore, cibi in confezioni danneggiate. Una soluzione per diminuire la pressione su ciò che resta degli ecosistemi naturali del pianeta.