Dedicare la piazza ora intitolata a sette fratelli che aderirono al fascismo ai due magistrati simbolo della lotta alla mafia. È la proposta che nel giorno della Liberazione arriva da Catullo Nalin, consigliere comunale di Unire la Sinistra a Cento, paese dell’Alto Ferrarese a metà strada tra Ferrara e Bologna: “Cambiare il nome dell’attuale piazza intitolata ai Fratelli Govoni con quello dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. Il tentativo di correzione toponomastica è contenuto in un ordine del giorno che verrà discusso in consiglio mercoledì prossimo. E che probabilmente (diciamo pure sicuro) verrà bocciato, visti i precedenti.
Perché la giunta di centrodestra del sindaco pluri inquisito Flavio Tuzet – quando si parla di nomi e ricorsi storici – in questi anni è riuscita a spaccare la cittadina del Guercino in più occasioni. A fare scalpore in particolare fu l’idea di intitolare – nel 2008 – una via di una frazione a Igino Ghisellini, gerarca fascista ucciso nel ’43, la cui morte provocò la feroce rappresaglia degli eccidi del castello e della certosa di Ferrara, resi immortali sulla carta da Giorgio Bassani ne Una notte del ’43, da cui Florestano Vancini trasse il film con Gino Cervi ed Enrico Maria Salerno.
Quel progetto tramontò di fronte alla levata di scudi di cittadini e istituzioni (fu costretta a intervenire anche l’imbarazzatissima dirigenza provinciale dell’allora An), mentre passò una proposta leghista di integrazione al regolamento della commissione toponomastica: nella loro intitolazione i nomi di strade, vie e piazze di Cento, oltre che ispirarsi ai principi costituzionali, devono evitare richiami a esponenti o persone che fanno dichiaratamente riferimento al comunismo. Ma l’unica targa che poteva ricadere nel provvedimento in questione era quella con in effige il nome di Antonio Gramsci. Anche in quel caso si assistette a una correzione in corsa e il nome dell’autore dei Quaderni rimase al suo posto.
L’anno prima invece la giunta era riuscita a far scolpire la targa “piazza Fratelli Govoni” su uno degli spazi cittadini. Un atto che “ha provocato una divisione nell’opinione pubblica centese”, sottolinea nel suo odg Nalin. E difatti la storia dei sette fratelli Govoni sembra fatta per dividere, più che per unire.
Era il 10 maggio del 1945 quando i fratelli vennero prelevati da un gruppo di partigiani uno a uno dalla loro casa a Pieve di Cento. Con loro anche, Ida, appena 20enne. Vennero impiccati. Gli autori di quell’esecuzione sommaria vennero processati e condannati. “Dalla sentenza relativa all’omicidio – fa presente Nalin – risulta attestata la partecipazione di tutti i fratelli maschi al Partito nazionale fascista e successivamente di Dino e Marino al Partito fascista repubblicano e alle sue milizie”. In particolare alla Brigata Nera di Pieve, che “negli anni 1943-45 aveva terrorizzato la pianura bolognese con decine di assassini, incendi e razzie”.
La vicenda venne accostata – anche per la vicinanza geografica – a quella dei fratelli Cervi (quelli che Berlusconi si diceva lieto di voler incontrare, credendo fossero ancora vivi) e sul punto intervenne anche Bertinotti: “Come vittime i sette giovani Cervi e i sette giovani Govoni, per me sono uguali; come vittime! La differenza consiste che i primi hanno costruito la Repubblica italiana e perciò vanno onorati non come morti, ma come attori di quel cambiamento”.
“Da una piazza che divide a una che unisce”. Così viene introdotto l’odg che verrà discusso mercoledì, prendendo spunto “dalla necessità morale emersa all’unanimità in un recente consiglio comunale, di dedicare ad un eroe dell’antimafia una piazza di Cento”. Chissà se l’ideologia porrà veti anche alla lotta alla mafia. La proposta non è ratificata, ma il sindaco sul punto non si muove: quella è e resterà piazza Govoni.