A Minsk c’è un ospedale oncologico pediatrico all’avanguardia. Le famiglie vengono da ogni parte della Russia per assicurarsi le cure migliori per i loro figli. Storie diverse, ma accomunate dalla stessa malattia: tumore. Sono i “bambini di Chernobyl“, a 25 anni dal disastro della centrale nucleare ucraina. In occasione dell’anniversario, domani, il fotografo sardo Valerio Contini presenta i suoi scatti: i volti e i racconti dei bambini ricoverati al ‘Borovliany‘.
I medici del centro sanno che le loro patologie dipendono direttamente dall’incidente nucleare del 1986, “ma nessuno te lo metterà mai per iscritto”, si sente rispondere Contini. Secondo le stime ufficiali di ‘Chernobyl Forum‘, le vittime accertate sono 65, mentre nell’arco di 80 anni si prospetta un bilancio di più di 4mila persone affette da leucemie e tumori. Una stima al ribasso secondo altre fonti, che riferiscono di 270mila vittime riconducibili al disastro.
Tra questi, molti bambini, tra cui quelli negli scatti di Contini. Come Anghelina che “non sorride mai, parla poco e non vuole che nessuno la tratti e la consideri malata”, racconta il fotografo. O come Vitaly, un ragazzino ucraino che “da piccolo andava nella regione di Gomel (la più colpita dalle radiazioni) per passare le vacanze a casa della nonna”. A tanti bambini come Vitaly il governo ha negato per problemi burocratici lo status di “bambino di Chernobyl”. Un documento che permette alle famiglie di ottenere sconti sui beni di prima necessità o esenzioni sui biglietti per i mezzi pubblici.
Foto: In posa davanti alla bandiera Italiana ricordo di un viaggio legato al progetto Chernobyl
Copyright ©Valerio Contini