Ho avuto modo di conoscere il Prof. Francardo in alcuni incontri dedicati alla sostenibilità alimentare e pur avendo due punti di vista differenti, il mio ambientale, il suo legato alla salute, ci siamo sempre trovati pienamente d’accordo discutendo di vari aspetti legati al cibo. Questo non mi stupisce perché ho avuto modo di sperimentare come ciò che ha effetti positivi per l’ambiente li ha anche per la nostra salute. Entrambi, ad esempio, siamo grandi sostenitori dell’agricoltura biologica e biodinamica. La mia filosofia di cucina a basso impatto ambientale presuppone, infatti, l’utilizzo di prodotti biologici sia per motivi ambientali che salutistici.
I prodotti biologici e biodinamici normalmente hanno un costo più elevato dei prodotti convenzionali. Le ragioni sono diverse: da un lato l’agricoltura biologica necessita di maggiore lavoro umano ed in molti casi la lotta ai parassiti è fatta in maniera manuale o fisica e non chimica. Ci sono poi motivazioni di carattere economico, il biologico non ha l’economia di scala dei prodotti convenzionali e la distribuzione avviene con modalità differenti.
Il costo più elevato non ci deve però scoraggiare e come sottolinea anche il Prof. Francardo questo maggiore costo è in realtà compensato dal fatto di poter utilizzare il 100% del prodotto.
Gli asparagi ad esempio:
– convenzionali costano sui 5,50 Euro/Kg,
– quelli biologici invece 6,40 Euro/kg se li acquistate direttamente dal produttore, 7,36 al supermercato, rispettivamente il 15% o il 32% in più rispetto al convenzionale.
Se invece di buttarne via la metà, come normalmente si fa, scegliete prodotti biologici e li consumate al 100% non solo compenserete questo costo aggiuntivo ma risparmierete. Naturalmente i gambi li cucinerete diversamente da come utilizzate le punte, e il gusto è altrettanto buono.
Che effetti ha cambiare le proprie abitudini e imparare ad utilizzare anche le cose che i libri di cucina normalmente ci dicono di buttare via?
Prima di tutto si risparmia, perché da ogni ingrediente si ha una resa quasi doppia. Pensate ad esempio ai carciofi o ai finocchi di cui di solito si butta via quasi il 60% (fate la prova con una bilancia la prossima volta che li preparate). Ho sperimentato sulle mie tasche che utilizzando sempre le parti di scarto si risparmia dal 25% al 35% sulla spesa alimentare in un anno: non poco!
In secondo luogo si riducono gli sprechi e quindi anche i rifiuti da smaltire per cui si hanno dei benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di CO2 legate al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti e complessivamente si riduce la propria impronta ecologica.
Il terzo effetto è quello benefico sulla nostra salute. Le parti di scarto infatti sono dei veri concentrati di vitamine e fibre come le bucce della frutta. Il Prof. Francardo, ad esempio, sottolinea come la maggiore concentrazione di flavonoidi, preziosissimi antiossidanti, siano contenute proprio nella parti della pianta che normalmente sono scartate.
A questo punto non vi resta che cimentarvi in cucina, abbattere un po’ di pregiudizi e sperimentare.
(Foto di Vincenzo Lonati)
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