Non ho mai avuto una tessera di partito, non ho mai fatto associazionismo a livello formale e dunque potrei essere la persona meno titolata per parlare di questi argomenti.
Però, almeno secondo le tabelle dell’Unione Europea, sono un ‘giovane’ e parlo dunque in ragione di quel poco di esperienza che ho, oltre al fatto che potrei in teoria iscrivermi alle federazioni giovanili dei pochi partiti che le prevedono. Ma non lo farò.
Non solo: ritengo che le giovanili di partito vadano abolite.
Ho grandissimo rispetto per chi, a differenza mia, fa politica. Apre le sedi dei comitati, le chiude, le pulisce, le allestisce, permette ai dirigenti locali e nazionali di fare riunioni e tavoli di lavoro e permette ai partiti di organizzare eventi, di promuovere campagne e di andare avanti giorno dopo giorno, nel silenzio e nell’indifferenza di tutti.
Senza i volontari, spesso ragazzi mai gratificati da nessuno, le sedi dei Partiti sarebbero chiuse quasi sempre.
Se domani sparissero i giovani (e i volontari) dai partiti, tutto si bloccherebbe. Se sparissero i dirigenti, non succederebbe.
Per tutti questi motivi ritengo che non debba esistere alcuna distanza organizzativa tra grandi e piccoli.
Non capisco come sia possibile che il criterio demografico sia così determinante nello stabilire chi è politicamente maturo e chi non lo è. Capisco la necessità di fare formazione politica, ma ritengo che questo sia un elemento che vale per tutti, dall’ultimo degli iscritti al primo dei dirigenti.
Sarebbe bello, invece, che tutti fossero allo stesso livello e che si misurassero in modo uguale con il consenso all’interno dei partiti, negli organismi dirigenti, e all’esterno, al momento del voto. Probabilmente i più piccoli, davanti alla prospettiva di poter cambiare davvero tutto in un momento e con le proprie forze, si unirebbero e lo farebbero. E se invece vincessero sempre i grandi, ma solo grazie alle clientele e ai pacchetti di voti e non grazie a capacità di creare consenso attraverso il voto d’opinione, forse i giovani avrebbero la forza di ribellarsi, di opporsi alla creazione di liste blindate nei vari appuntamenti elettorali e, perché no, di andarsene.
Invece non succede. E covo costantemente il sospetto che le giovanili servano ai grandi per ghettizzare le energie nuove (sempre meno, mi par di capire) che arrivano ai partiti. Per incastrare i ragazzi dentro logiche organizzative speculari a quelle “ufficiali”. A dividere i giovani secondo correnti e leader nazionali di riferimento. A farli competere tra loro per diventare segretario, presidente, tesoriere. A farli dipendere da qualcun altro.
Questo è inaccettabile. Il funzionamento dei partiti dipende dalla volontà dei giovani. La forza politica dei giovani, invece, dipende dalla volontà politica dei dirigenti dei partiti. È una beffa da cui i giovani dovrebbero affrancarsi, senza paura e rifuggendo le lusinghe del potere interno alle organizzazioni giovanili. Perché si può, si deve puntare direttamente al bersaglio grosso.