Due fuoriuscite di materiale radioattivo e la rottura dell’impianto di raffreddamento di emergenza di una centrale. Non si tratta del Giappone ma del vicino Regno Unito, dove si sono verificati tre diversi incidenti in altrettanti impianti nucleari del Paese negli ultimi tre mesi. E’ questo il bilancio che emerge da un rapporto riservato consegnato ad esponenti del governo sulla situazione degli impianti nucleari in territorio britannico da inizio 2011 – questione tornata di primo piano anche in Gran Bretagna dopo quanto avvenuto nella centrale giapponese di Fukushima.
Il documento è stato compilato dall’Office for nuclear regulation (ONR), l’organo che si occupa della supervisione delle 10 centrali nel Paese, e viene redatto ogni tre mesi, secondo le norme sulla sicurezza nucleare approvate dopo l’incidente di Chernobyl del 1986. Il rapporto relativo al primo trimestre del 2011 registra dunque tre diversi incidenti in altrettanti impianti. Copie del documento, firmato da Mike Weightman, a capo dell’ONR, sono state consegnate lo scorso 18 aprile al ministro dell’Energia Chris Huhne, al ministro dell’Ambiente Caroline Spelman, oltre ad Alex Salmond, primo ministro scozzese – che si sono però ben guardati dal diffondere subito la notizia.
Il primo episodio risale ai inizio febbraio e si è verificato nel complesso nucleare di Sellafield. Si apprende dal documento che il personale della centrale ha rinvenuto una “pozza di liquido marrone” che presentava un livello di plutonio cinque volte superiore al limite. “Quanto avvenuto– è scritto nel rapporto – ha messo in luce una serie di difetti nel design dell’impianto [la cui costruzione risale a 20 anni fa, ndr].” Sellafield è un complesso di reprocessing oltre che di produzione di energia, ed è gestito da un gruppo di compagnie americane, francesi e britanniche.
Un portavoce del gruppo ha detto che la fuoriuscita constava solo di circa “mezza tazza” di liquido radioattivo – una quantità le cui radiazioni non hanno costituito un pericolo per il personale. “Non appena il liquido è stato rinvenuto, l’accesso all’area è stato ristretto per non esporre i lavoratori,” ha riferito il portavoce. “Non c’è stata alcuna dispersione nell’ambiente e nessun pericolo per persone all’esterno della struttura.”
Altro caso di fuoriuscita è avvenuto nella centrale di Torness, nei pressi di Edimburgo, dove alcune riserve sotterranee di acqua sono state contaminate con tritium radioattivo fuoriuscito da due condotti.
Alla centrale nucleare di Hartlepool, costa nord-orientale inglese, il sistema di ventilazione di emergenza è andato fuori uso per alcune ore a causa di una “valvola difettosa”. In questo ultimo episodio, l’inchiesta preliminare dell’ONR ha constatato che “la gestione compiuta dai responsabili dell’impianto è stata efficace nell’individuare la causa del problema e ad estendere la verifica ad altre parti del sistema che potrebbero presentare punti di vulnerabilità”.
Anche nei due casi precedenti, l’organo regolatore definisce tempestiva ed efficace la risposta agli incidenti da parte dei gestori degli impianti. Casi contenuti dunque, ma che denotano la necessità di stare sempre all’erta per evitare pericoli maggiori.
Oltre ai tre incidenti dettagliatamente documentati nel rapporto, ve ne sarebbe anche un quarto, avvenuto nello stesso periodo, i cui rilevamenti sono in fase iniziale. “Riguarda un’area ristretta di suolo contaminato – scrive Weightman – i cui dettagli verranno forniti nel rapporto successivo”. Ulteriori inchieste dell’ONR sono infatti ancora in corso, ma la notizia degli incidenti, avvenuti nello stesso periodo in cui il mondo assisteva inerme a Fukushima, è passata in sordina tra i media e nel governo.
I risultati delle inchieste potrebbero infatti rallentare ulteriormente i precedenti piani governativi di potenziare il settore energetico nucleare – già congelati a fronte di un controllo di sicurezza trasversale ordinato nel pieno del disastro giapponese e di una opinione pubblica sempre più contraria.