“I velivoli e gli equipaggi sono già pronti e al termine di questa informativa saranno messi a disposizione della Nato per essere impiegati”. Si tratta di otto velivoli italiani sui dodici attualmente impegnati. E da adesso sono pronti a bombardare. O meglio, lanciare missili su “specifici e selezionati obiettivi militari” o “chiare e immediate minacce ai civili”. L’annuncio viene dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che insieme al ministro degli Esteri, Franco Frattini ha riferito davanti alle commissioni riunite Difesa e Esteri di Camera e Senato la decisione dell’Italia di intraprendere azioni in aree mirate della Libia.
“Esclusa l’azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree mirate i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente uccidere civili a centinaia o forse a migliaia. Ecco perché non possiamo tirarci indietro”, ha aggiunto Frattini. Ma l’intervento avverrà con “operazioni chirurgiche”, “senza provocare danni”. Non si tratta di una svolta dell’impegno italiano nel Paese, ha chiarito il ministro della Difesa, e nemmeno veri e propri bombardamenti, termine ritenuto “fuorviante” da La Russa. Ma di “un adeguamento del suo contributo agli sforzi della comunità internazionale attraverso l’aumento dell’efficacia del suo intervento all’interno della stessa strategia”. Per il ministro, non si tratta nemmeno di un primo passo verso un pieno intervento militare, perché – almeno fino ad ora – “non ci è stato richiesto un impiego militare sul terreno della Libia”. Ma nonostante le spiegazioni dei ministri, non si è placato oggi lo scontro con la Lega. Per il titolare dell’Interno, Roberto Maroni, la questione non è ancora chiusa. Un passaggio parlamentare non sarebbe necessario dal punto di vista costituzionale, chiarisce il ministro, ma “sul piano politico è inevitabile”.
È “assolutamente necessario mantenere una forte pressione su Gheddafi anche attraverso una credibile azione militare”, aggiunge il titolare della Difesa. Gli attacchi delle milizie del Colonnello, ha spiegato il ministro Frattini, si caratterizzano per una “vera e propria escalation di violenze”. Che sta provocando una “emergenza umanitaria di proporzioni gravi e crescenti” e soprattutto una “strage che non possiamo ignorare”. Senza tralasciare, dal punto di vista della politica interna, che la pressione su Gheddafi, secondo Frattini, renderà “più difficile per il regime organizzare flussi di profughi verso l’Europa come mezzo di rappresaglia”. Il raìs, ha spiegato ancora il ministro degli Esteri, è ormai un uomo “solo contro tutti e desideroso di vendetta”. Tuttavia, ha chiarito Frattini, “nessuno ha mai pensato e pensa di uccidere” il Colonnello, si lavora piuttosto “a una soluzione politica che gli consenta di lasciare il paese, garantendogli l’incolumità”. Il suo arsenale, secondo i dati che riferisce il ministro, è stato “ridotto di oltre un terzo” in seguito alle operazioni aeree della Nato, che hanno “smantellato l’aeronautica militare” libica. Non è d’accordo con queste stime il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, secondo cui Muammar Gheddafi “ha un arsenale militare in grado di resistere a cinque guerre mondiali”.
E anche oggi, durante l’audizione, la posizione del Carroccio non sembrava delle più chiare. Ieri erano infuriati, forse perché in possesso “di informazioni incomplete”, aveva spiegato La Russa. Oggi sono passati dalle provocazioni di Mario Borghezio ai parziali passi indietro di Marco Reguzzoni. Per l’eurodeputato, non appartiene agli italiani “andare a sparacchiare a destra e a sinistra, il dato che emerge chiaro è che non c’è più lui, il primo Cav., ora c’è un imitatore, modesto”, paragonando Benito Mussolini al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il secondo, capogruppo alla Camera, si è rifatto alle parole di ieri del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: la decisione di prendere parte ai raid aerei sarebbe “il naturale sviluppo” della scelta di partecipare alla coalizione internazionale, già votata dal Parlamento. Questione chiusa e nessuna spaccatura nella maggioranza, secondo i ministri Frattini e La Russa. Fino alle dichiarazioni di Maroni, secondo cui “il governo è in pericolo se non fa, se si limita a fare cose contrarie al sentire comune, alle nostre valutazioni, e non fa quello che deve fare: questo è l’unico pericolo che corre”. “Facciamo un fioretto, – è la proposta del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini – “evitiamo di prendere delle posizioni pubbliche. Rischiano di essere contraddette e di farci perdere credibilità”. Il riferimento è alle “venti opinioni diverse” espresse a proposito della crisi libica anche e soprattutto all’interno della stessa maggioranza. “Mi pare che la Lega abbia per ora calato le braghe a mezz’asta: è incerta se rialzarle o abbassarle definitivamente” è invece il commento del presidente dei deputati Pd, Dario Franceschini.
Domani Frattini incontrerà a Roma l’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Abdelilah al Khatib. “Il coordinamento delle iniziative di mediazione” con il regime di Tripoli “deve far capo all’Onu”, ha chiarito il ministro. Dopo l’appuntamento nella Capitale, al Khatib, ex ministro degli Esteri giordano, andrà a Bengasi per incontrare gli insorti. Tra pochi giorni, infine, ha ricordato La Russa, l’Italia invierà in Libia “dieci istruttori militari da inserire nella costituenda struttura di comando del Consiglio nazionale transitorio”, insieme allo stesso numero di figure inglesi e francesi.