Di pochi giorni fa l’inchiesta sull’ex scalo merci di Parma che vede coinvolte sette persone, tra cui l’assessore comunale all’urbanistica Francesco Manfredi, oggi l’inchiesta sull’area del Botteghino. La Guardia di Finanza di Parma (che ha lavorato per acquisire tutta la documentazione necessaria ai magistrati) vive giorni decisamente movimentati, benché al momento – comunica il procuratore capo Gerardo Laguardia in riferimento all’indagine coordinata la pm Paola Dal Monte – non ci sono persone iscritte nel registro degli indagati.
Nel mirino degli inquirenti è finita la concessione edilizia rilasciata dal Comune all’imprenditore edile Alfonso Cappetta, già indagato per truffa. La decisione di concedere una nuova autorizzazione all’imprenditore rinviato a giudizio per truffa, nei giorni scorsi aveva scatenato l’ira di molti residenti, già esasperati dalle precedenti vicende sempre legate al Botteghino e allo stesso imprenditore.
L’imprenditore, infatti, fu coinvolto nel 2006 in un abuso edilizio, che portò al rinvio a giudizio 54 persone. L’imprenditore Cappetta, insieme al collega Luciano Masini, è a processo (ancora in corso) per il reato di costruzione in assenza di permessi di legge. A dispetto della tegola del processo che pende sulla sua testa, Cappetta ottiene tuttavia nel maggio del 2010 un nuovo permesso di costruire nella stessa zona, oggetto del precedente abuso. L’impresa edile Roel, infatti, dichiarata fallita nell’estate del 2009, aveva costruito quattro palazzine in strada Antina per un totale di 5mila metri quadrati, su un’autorizzazione concessa invece per 2mila metri quadrati, gettando nello sconforto intere famiglie che si videro espropriare gli appartamenti (già acquistati) dall’amministrazione comunale.
Il fascicolo della procura parmense sul Botteghino 2, si precisa, è un modello 45, ovvero quello che non contempla precise ipotesi di reato, ma necessario per acquisire la documentazione e verifica se il rilascio delle licenze è stato o meno regolare. Non ci sono al momento, infatti, persone iscritte nel registro degli indagati e/o ipotesi di reato formulate.
Diverse sono le inchieste che hanno visto come protagonista l’amministrazione comunale di Parma. Solo per citarne alcune, quella dell’Informobility, la partecipata del comune che gestisce i servizi e i sistemi di mobilità in città, che ha visto la guardia di finanza acquisire i documenti aziendali che vanno dal 2006 al 2010; nel mirino le elevate spese per convegni, incontri e materiale divulgativo con le relative giustificazione. Senza dimenticare lo scandalo degli appalti sul verde pubblico conclusasi con l’operazione Green money, smascherando un giro di bustarelle (ogni lavoro per il verde pubblico in città era assegnato a prezzi gonfiati a dismisura e previa consegna di cospicue tangenti), attraverso un video che incriminava un funzionario Enìa, multiutility partecipata dai Comuni di Piacenza, Parma e Reggio Emilia che si occupa di rifiuti, acqua e ambiente.