“Il 5 aprile del 1995 Antonio Di Pietro depone la toga ed inizia la sua carriera politica, che già nel 1996 lo vede Ministro ai Lavori Pubblici per il primo governo Prodi. Ministro lo sarà solo per pochi mesi, in quanto indagato e poi assolto dal Gip perché il fatto non sussiste dai giudici di Brescia per non avere indagato accuratamente il più grande faccendiere d’Italia. Si tratta di quel Pacini Battaglia che poi verrà condannato nel 2005 a 6 anni per appropriazione indebita nella vicenda dei fondi neri Enimont (poi indultato nel 2006), al riguardo della più grossa tangentopoli italiana, quella dei cantieri dell’Alta Velocità da Milano a Napoli per un valore di 140mila miliardi di euro. Fa pensare che Di Pietro, nel 1994, venga avvicinato una prima volta dal premier Berlusconi, proprio mentre sta indagando su di lui, e quindi nuovamente nel febbraio del 1995. Dalle carte dei pm di Brescia risulta che non disdegnò affatto un incarico da Berlusconi e fu solo Scalfaro, chiamando il suo superiore Borrelli, a farlo desistere. Il 4 luglio del 1993, Di Pietro interroga Prodi su eventuali finanziamenti dell’Iri ai partiti, di cui Prodi è nuovamente Presidente dal 1993, ma quest’ultimo ovviamente nega. Diversi pentiti raccontano di come la più grande torta da spartirsi sia quella dell’Alta Velocità, di cui Prodi è prima garante (poi ci saranno Agnelli e Pininfarina), quindi consulente con Nomisma. E, poi ancora, a capo di uno dei tre general contractor, l’Iri che accoglierà nelle fila dei propri consorzi temporanei d’impresa, lIricav Uno e Due, aziende notoriamente in mano alla mafia e alla camorra, come Icla, Condotte o Calcestruzzi. Ma Di Pietro, che con pesci più piccoli è duro fino a sfiorare l’illecito, con Prodi chiude lì. E nel 1996 è ministro. Illazioni sono state fatte da molti, ma quando si leggono le carte dei processi, processi in cui un ex-pm si rifiuta di entrare nel contraddittorio, viene più di un dubbio. Che forse vi sia stato in passato un uso politico della magistratura? Per trovare i colpevoli bisogna sempre guardare a chi ci ha guadagnato: Prodi e Di Pietro, le banche e le aziende private. Saremmo interessati a sentire Di Pietro chiarire le zone d’ombra che ancora pesano sul suo conto”.

Chi ha scritto questa biografia?

Silvio Berlusconi? No

Maurizio Gasparri? No

Ignazio La Russa? No

Sandro Bondi? No

Maurizio Belpietro? No

Filippo Facci? No

No, né Berlusconi né uno dei suoi sgherri. E’ tutta farina del sacco di Davide Bono, presidente del Movimento Cinque Stelle del Piemonte. Per rispondere alla mia intervista su affaritaliani ha fatto ricorso a tutto l’armamentario berlusconiano di vecchie e false (basta leggere qui) accuse nei confronti di Di Pietro. Per rispondere alla mia critica di essere funzionali a Berlusconi, il movimento di Grillo ha risposto esattamente come avrebbe risposto Berlusconi. Quale miglior conferma per la mia tesi? Questa è la nuova linea di Grillo nei confronti di Antonio Di Pietro. Proprio lo stesso Antonio Di Pietro che fino a poche settimane fa chiamava ‘Kryptonite Di Pietro’, che descriveva come l’unico politico italiano degno di fiducia. Cos’è successo? Avendo fondato un partito, ora Grillo si comporta come un vecchio volpone della politica. E, per guadagnare consenso, attacca chi gli è più vicino, nel tentativo di sottrargli voti. Dispiace che molte delle cose giuste che Grillo ed il Movimento 5 Stelle sostengono passino in secondo piano rispetto a questo modo vecchio e berlusconiano di fare politica. In questo modo, purtroppo, fanno solo il gioco di Berlusconi.

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