Non solo il terrore per il quesito sul legittimo impedimento. Secondo il geologo, i piani del governo per inficiare i quesiti su nucleare e acqua servono per tutelare i gruppi industriali che trarranno beneficio dai piani del governo. Che sono sospesi solo temporaneamente
L’esempio più lampante di quanto sostiene il geologo, sono i principali maître à penser del ritorno italiano al nucleare: Chicco Testa, laureato in filosofia ed ex ambientalista convertito all’atomo, e Umberto Veronesi che invece è un oncologo. Di fisici e ingenieri neanche l’ombra. “E’ perché in Italia su energia e ambiente si seguono solamente gli interessi delle lobby, per poi fare una clamorosa marcia indietro quando si avvicinano i referendum e quindi il voto popolare”, attacca Tozzi.
Il riferimento è ovviamente alle modifiche legislative apportate al decreto Omnibus che, secondo le intenzioni della maggioranza, deve scongiurare la tornata referendaria in programma per metà giugno. Lo scorso 20 aprile, la maggioranza smentiva se stessa votando favorevolmente il pacchetto di misure che metteva nel congelatore il tanto sbandierato ritorno all’energia atomica. Nel vertice italo-francese è stato lo stesso presidente del Consiglio a chiarire le motivazioni di quel provvedimento: “Il programma nucleare italiano è stato bloccato per fare fallire il referendum”.
Come il Fatto ha scritto più volte, il terrore di Berlusconi è che gli italiani oltre dire Sì all’abrogazione dell’atomo e dell’acqua privata, votassero anche la bocciatura della legge sul legittimo impedimento. Un colpo insostenibile per chi basa la sua legittimazione sul consenso popolare. Anche Tozzi la pensa così, ma ci mette il carico: “Berlusconi dice che quanto accaduto a Fukushima ha spaventato gli italiani e che la decisione della moratoria è stata fatta per permettere ai cittadini di tranquillizzarsi. Per poi, magari fra un anno, ripresentare lo stesso progetto tale e quale. Che tristezza! Il presidente del Consiglio considera il suo popolo non in grado di discernere fra emozione e ragione”. Detto in altro modo, secondo il premier, gli italiani non sono in grado di mantenere su due piani separati l’ondata emotiva per quanto accaduto a Fukushima e una seria riflessione sull’energia atomica.
Ora che il copione del nucleare si sta ripetendo anche sulle risorse idriche, con la presentazione di un decreto legge fatto ad hoc per depotenziare i due quesiti referendari, il piano del governo appare ancora più evidente. Ma, secondo Tozzi, l’imput a far saltare il voto del 12 e 13 giugno non arriva solo dal terrore di B. per il probabile raggiungimento del quorum con tanto di bocciatura della legge che lo tiene lontano dai tribunali. “I quesiti, così come sono stati formulati – sostiene il geologo – scardinano i piani di un settore importante del sistema industriale italiano: la lobby nucleare e quella dell’acqua privata. E Berlusconi, cercando di vanificare il referendum, ha voluto tutelare quei gruppi”. Non è un mistero che, ad esempio sull’acqua, i primi a parlare di manovre correttive sulla legge che privatizza le risorse idriche sono stati proprio gli imprenditori che gestiscono tale risorsa. Con Roberto Bazzano, presidente di Federutility, la federazione che riunisce i gestori degli acquedotti, che aveva detto: “Chiediamoci seriamente se non sia il caso di evitare un referendum che ha sempre più un taglio puramente ideologico”. Ma cosa vuole dire privatizzare l’acqua? “Fare pagare una bolletta maggiorata ai consumatori – risponde Tozzi – E’ già così: ad Agrigento o a Latina, dove gli acquedotti sono già in mani private il servizio costa caro. A Milano, dove l’acqua è pubblica, la bolletta è molto più leggera”.
In attesa di leggere il decreto legge che cercherà di mettere la parola fine anche al voto sull’acqua, Tozzi qualche conclusione la può già tracciare. “Berlusconi, ancora una volta, ha vinto perché è riuscito a fare passare l’idea che non ci sia più nessun bisogno di andare a votare. Che ci ha già pensato il governo ad accogliere le preoccupazioni degli italiani”.
Ma non si vuole rassegnare. Anche perché la Corte di Cassazione, l’organo che dovrà decidere se dopo le modifiche legislative i quesiti siano ancora ammissibili, non si è ancora espressa. “Nel frattempo io, come divulgatore scientifico, porto avanti la mia triplice battaglia: contro l’atomo, a favore dell’acqua pubblica e per affidare le questioni ambientali a persone con un minimo di conoscenza ed esperienza. Sarebbe davvero l’ora”.