L’ultima iniziativa del fondo hedge Stark Investments lancia un chiaro segnale al mercato. La crisi dei mutui Usa non è affatto conclusa. E mentre gli americani perdono la casa, gli speculatori si preparano nuovamente a incassare miliardi
Gli investitori di Stark, riferisce l’agenzia specializzata Finalternatives, dovrebbero contare su un budget iniziale di 150 milioni di dollari e sull’efficienza di uno schema più che collaudato. Al solito di tratta di acquisire credit default swaps (Cds) – i contratti derivati che, dietro il pagamento di un interesse, garantiscono un rimborso in caso di fallimento del debitore – costruiti su titoli coperti da mutui rischiosi. In pratica, si tratta di comprare un’assicurazione sperando, ed è questa l’ipotesi di fondo, che i titoli in questione non possano essere rimborsati. Insomma, si crea un protezione da qualcosa che non si possiede e si attende il disastro con la possibilità, nel frattempo, di scambiare i derivati sul mercato sfruttando il loro apprezzamento in caso di aumento del rischio. Incassando sicure plusvalenze.
Questa speculazione al ribasso è stata alla base della crisi stessa del mercato immobiliare, la scintilla da cui tutto ha avuto origine. All’epoca, intuendo in anticipo l’insostenibilità della bolla, gli operatori più accorti hanno guadagnato cifre spettacolari. Facendo scuola. Alla vigilia della crisi, si narra, il finanziere John Paulson, acquistò 22 milioni di dollari in Cds contro il rischio fallimento di Lehman Brothers. La scommessa, sostiene l’Economist, gli avrebbe fruttato circa 1 miliardo. Un esempio che continua a ispirare gli speculatori che, in un ambiente nuovamente favorevole, cercano ora di sfruttare l’onda lunga del rilancio.
Prima che la crisi si manifestasse, Stark Investments era attiva da circa quindici anni e operava gestendo assets complessivi per 13 miliardi di dollari. Oggi la cifra è scesa a 3 miliardi, identificando un ridimensionamento che ha colpito tutto il settore. Ma la tendenza al rilancio è ormai evidente. Il comparto hedge, cui la crisi aveva eroso circa un quarto del suo valore, ha ripreso a crescere approssimandosi ormai alla quota simbolica dei 2 mila miliardi di dollari di capitali gestiti. Una crescita che è sinonimo di rinnovata fiducia ma anche di nuove opportunità di mercato.
Nel mese di febbraio, ha riferito Bloomberg, il prezzo medio delle abitazioni statunitensi misurato dall’indice S&P/Case-Shiller ha ceduto il 3,3% su base annuale, il calo più ampio da oltre un anno a questa parte. Una diminuzione non casuale visto che sul dato pesa un fenomeno evidente: l’aumento dei pignoramenti e la conseguente crescita dell’offerta delle abitazioni sul mercato da cui deriva la diminuzione dei prezzi. Negli ultimi mesi, insomma, un numero sempre maggiore di americani non è riuscito a stare dietro alle rate dei mutui facendo così aumentare il rischio su quelle obbligazioni che sono costruite proprio sui prestiti per le case. Quegli stessi titoli, in altre parole, che Stark e i suoi emuli intendono prendere di mira.
Ma le opportunità di mercato non si esauriscono qui. A favorire la corsa alla speculazione c’è infatti la rinnovata disponibilità dei derivati assicurativi in mano alle banche. Assets illiquidi di cui gli istituti di credito, chiamati a mettersi in regola con i nuovi requisiti di capitalizzazione, sono costretti a liberarsi un po’ per ridurre le esposizioni un po’ per recuperare liquidità. Una corsa alla vendita che produce una generale diminuzione dei prezzi garantendo ai fondi la possibilità di accaparrarsi titoli redditizi a buon mercato. Per tornare a speculare su un mercato instabile in cui la crisi, in definitiva, non è mai realmente finita.