Il terrorismo ha colpito nel cuore turistico del Marocco. Un’esplosione avvenuta in un centralissimo caffè di Marrakech affollato da turisti ha causato 16 morti e una ventina di feriti, ma il bilancio potrebbe aggravarsi. L’attentato è il più sanguinoso degli ultimi otto anni in Marocco e le prime ipotesi parlano di terrorismo internazionale di matrice islamica con un possibile coinvolgimento di Al Qaida. Non ci sono ancora rivendicazioni, ma le autorità del Paese seguono una doppia pista per risalire alla causa dell’esplosione: potrebbe essersi trattato di un ordigno azionato a distanza o forse dell’opera di un kamikaze. Le forze di polizie pensano a un ex maestro, condannato per stupro ad otto anni di carcere. Secondo giornalisti locali, il presunto kamikaze sarebbe stato avvicinato da integralisti islamici proprio in prigione, a Casablanca, e convinto ad arruolarsi nella jihad. Un suo documento ritrovato sul posto dell’esplosione sarebbe al vaglio degli inquirenti.
Tra le vittime ci sono diversi stranieri, tra cui almeno sei francesi e una donna israeliana. Nessun italiano è rimasto ucciso. L’esplosione è avvenuta nella terrazza panoramica del caffè “Argana”, nel centro della più importante città imperiale marocchina: il locale si affaccia sulla piazza Jemaa el Fna, cuore pulsante della città e patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco, ed è stato colpito poco dopo le 10.30, in un momento in cui era molto affollato di turisti che stavano facendo colazione o prendendo il te marocchino. L’ordigno ha distrutto il primo dei due piani dell’edificio, lasciando quasi indenne il pianterreno. “Ho sentito un’esplosione molto forte – ha riferito un fotografo dell’agenzia Reuters che era sul posto – quando mi sono avvicinato ho visto corpi smembrati che venivano portati fuori dal locale”. All’interno sangue, detriti, urla dei feriti.
Il re Mohammed VI del Marocco ha subito ordinato un’inchiesta, da condurre “con tutta la rapidità e la trasparenza necessaria”. Fonti della sicurezza marocchina e della prefettura di Marrakesh, basandosi sul ritrovamento di chiodi sparati dall’ordigno nei corpi delle vittime, hanno accreditato la pista dell’attentatore kamikaze isolato. L’ipotesi è avvalorata anche da una testimone oculare che avrebbe visto il kamikaze bere un’aranciata prima di farsi esplodere. Secondo altri testimoni però la bomba è stata lasciata in una borsa nel locale da un uomo, sembra accompagnato da un complice, che poi ha lasciato il locale.
“Purtroppo siamo di fronte a un ulteriore pesante prezzo di sangue che persone innocenti hanno dovuto pagare al terrorismo internazionale”, ha commentato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il segretario generale Ban Ki-moon hanno condannato l’attentato “odioso”. Una condanna per l’atto terroristico “vile” è giunta anche dal segretario di stato americano Hillary Clinton.
Di recente erano state registrate minacce del braccio maghrebino di Al Qaida per arresti di integralisti islamici, ma non vi sono rivendicazioni né le autorità si sbilanciano sulla possibile matrice islamica riconoscibile secondo analisti di questioni di sicurezza. ”Tutte le piste vanno esplorate, compresa quella di Al Qaida, e le indagini vanno avanti”, ha dichiarato il ministro alla Comunicazione, portavoce del governo, Khalid Naciri.
E’ certo però che si tratta del più grave attentato nella storia recente del Marocco, dove negli ultimi anni si è intensificata l’attività di cellule e gruppi di ispirazione jihadista. Il più grave resta quello del 16 maggio 2003, quando attentatori suicidi fecero esplodere almeno cinque ordigni a Casablanca, colpendo un ristorante spagnolo, un hotel di lusso, e un centro della comunità ebraica. Le bombe uccisero 45 persone, tra cui 13 terroristi. Circa 60 persone restarono ferite.
L’attentato potrebbe avere effetti drammatici sul turismo, proprio come avvenne dopo le bombe di Casablanca, colpendo la principale fonte di reddito del Marocco, l’anno scorso visitato fra l’altro da 210 mila italiani. Il paese, con 32 milioni di abitanti, è già alle prese con la crisi economica ma è stato risparmiato dalle rivolte che hanno travolto la confinante Tunisia ed il vicino l’Egitto: le manifestazioni che nelle scorse settimane hanno reclamato più democrazia sono state finora tenute sotto controllo grazie a promesse di riforma da parte del re. E ora il ministro Naciri promette che “il processo di riforme globali che riguarda tutti i settori non sarà rimesso in discussione dall’attentato”.