L'interdizione arriva dalla Prefettura di Reggio Emilia ed è stata confermata dal Tar. A insospettire uno stretto legame di parentele tra i titolari delle ditte che lavoravano in subappalto ed esponenti di clan malavitosi
L’appalto (il cui importo complessivo ammonta a circa 100 milioni di euro) era stato indetto dalla società di trasformazione urbana Stu, collegata al Comune di Parma, e fu vinto da un’associazione temporanea di impresa costituita dalla parmigiana Bonatti e dall’azienda Di Vincenzo di Chieti. Alcuni lavori erano stati, dunque, subappaltati alle aziende reggiane, i cui lavori sono stati prontamente bloccati dall’interdittiva antimafia. Bene precisare che, comunque, le due aziende sotto i riflettori sono state bloccate, mentre Bonatti e Di Vincenzo, totalmente estranei alla vicenda, proseguono i lavori.
Benché i titolari delle due imprese edili non risultano indagati o coinvolti direttamente in inchieste legale ad organizzazioni criminali organizzate, sembra che a allertare la Prefettura reggiana sia stato un gomitolo di parentele e collegamenti con ambienti mafiosi (nel 1990 il suocero del proprietario della Edil Perna era rimasto gravemente ferito in una strage a Gela). La motivazione causale dell’interdittiva vede il blocco delle aziende perché “condizionabili dalla criminalità”.
La ricca Reggio Emilia si trova da tempo a subire lo sgradevole odore delle mafie, per primo denunciate da Enrico Bini, presidente della Camera di Commercio di Reggio (che riveste l’incarico dal dicembre del 2008) che da sempre ha “alzato la voce” contro la presenta della criminalità organizzata, che si annida prevalentemente in settori come il trasporto, l’edilizia e, ultimamente, anche nel commercio. Una mafia che c’è, ma non si fa vedere, perché vede i panni dell’economia legale.
Di pochi giorni fa la denuncia/monito di Matteo Olivieri, capogruppo in consiglio comunale di Reggio Emilia 5 stelle che punta il dito sulle relazioni emerse attorno al Consorzio Primavera, che ha visto la sospensione dei subappalti ad imprese in odore di mafia (sono coinvolti numerosi personaggi legati alla ‘ndrangheta cutrese), imposto dal Prefetto di Reggio Emilia e confermate dal Tar. Il ricorso era stato presentato dal Consorzio Primavera e da Giada srl, ditte che avevano ricevuto un’informativa antimafia negativa da parte del Prefetto, portando alla revoca dei subappalti.
“La comunità cutrese – ha affermato Olivieri – deve reagire per non rimanere impantanata in una situazione che sta diventando imbarazzante. Le coop tornino ad essere produttrici di lavoro e a gestire esse stesse i mezzi di produzione: che coop sono quelle si concentrano sulla vittoria dell’appalto e poi danno il lavoro fuori?”.
Si riferisce, appunto, alla vicenda delle opere di scavo di Iren (che opera nel settore della distribuzione del gas metano, della raccolta rifiuti e dell’igiene ambientale e coordina l’attività delle società territoriali dell’Emilia Romagna) appaltate alla Coop Orion, subito subappaltata al Consorzio Primavera.
“È una vicenda da manuale – prosegue l’esponente del Movimento 5 Stelle – di come alcuni rapporti economici siano scaduti in una banalizzazione che non premia il tessuto sano dell’economia”.