Sei indagati tra i dirigenti delle aziende appartenenti al gruppo Verlicchi e sequestro preventivo d’urgenza per due controllate abruzzesi. Lo scopo dei provvedimenti emessi questa mattina dalla procura della Repubblica di Bologna (il pubblico ministero incaricato delle indagini è Antonello Gustapane) è quello di evitare distrazioni del patrimonio aziendale e a sollecitarli sono stati il curatore fallimentare della società di Zola Predosa, Fausto Maroncelli, e la Fiom Cgil. Ma secondo alcune indiscrezioni si starebbe cercando anche altro: un tesoretto che potrebbe ammontare a qualche centinaio di migliaia di euro sottratto al patrimonio aziendale.
Così, questa mattina, nelle sedi di Casoli (Chieti) delle due aziende del gruppo, la Verlicchi Casoli Srl e la Verlicchi Casoli 2W (la prima produce per la Honda), si sono presentati gli uomini del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bologna, che hanno provveduto a congelare anche beni mobili e immobili, ma che hanno preservato la produzione. Nel frattempo il curatore fallimentare ha incontrato una delegazione sindacale dei lavoratori per spiegare quanto stava avvenendo.
Gli iscritti nel registro degli indagati sono Alessandro Verlicchi e Valdemaro Peviani, rispettivamente legale rappresentante e amministratore unico della Verlicchi Nino e Figli Srl di Zola Predosa dichiarata fallita il 15 aprile scorso (il secondo ricopre la stessa carica della Verlicchi Casoli). Inoltre Mariano Bertelli (già uomo di fiducia dell’emittente Lombardia 7) e Massimo Stella, rispettivamente legale rappresentante e amministratore unico della Jbf Pontedera, e il socio di quest’ultima società (fino al 2006) Riccardo Capponi. Infine Carlo Capponi della Officine del Polesine Srl (oggi Industrie Toscane).
L’ipotesi a cui sarebbe giunto il curatore fallimentare – e che giustifica il provvedimento d’urgenza – è che gli indagati collaborassero tra loro nel distrarre il patrimonio della Verlicchi Nino e Figli – marchi compresi – e soprattutto della controllata Verlicchi Casoli Srl, azienda con 100 dipendenti e con uno stato patrimoniale all’agosto 2010 superiore ai 3 milioni di euro.
Inoltre, nel passaggio di quote della Verlicchi Casoli alla società di Pontedera valutate 10 mila e 400 euro, non si indicavano gli strumenti di pagamento in violazione a un decreto legislativo del 2007. Ma attraverso un piano di rateizzazione del relativo pagamento – piano che sarebbe iniziato dal 30 gennaio 2013 per i successivi 60 mesi – si sarebbe arrivati, anche tramite l’applicazione dell’Iva invece che dell’imposta fissa di registro, a una sovrastima rispetto al valore delle quote stesse. Discorso analogo per la cessione delle quote di Verlicchi Nino e Figli detenute dalla Jbf Pontedera alle Officine del Polesine.
L’arrivo delle fiamme gialle di questa mattina è l’atto più recente di una vicenda che ha già visto la presentazione di due esposti. Il primo dello stesso patron, Alessandro Verlicchi, e il secondo del segretario della Fiom di Bologna, Bruno Papignani, per i reati di sostituzione di persona e di truffa aggravata a danno dei lavoratori. Su entrambi sono in corso le indagini dei magistrati bolognesi. Nel frattempo sono giunte le prime reazioni dal fronte sindacale.
Il segretario della Fiom di Chieti, Marco Di Rocco, ha espresso un auspicio: “Speriamo che oggi stesso si faccia chiarezza sugli assetti societari in quanto i due stabilimenti della provincia, quello di Casoli che lavora per la Honda e quello di Atessa che lavora per Sevel, gruppo Fiat, sono strategici per i due grandi gruppi motoristici e danno lavoro alla zona, occupando oltre un centinaio di lavoratori”. Lapidario Papignani, che si è limitato a un “me l’aspettavo”.