Contrariamente a quanto raccontato ieri dal ministro Brambilla, l’emergenza migranti a Lampedusa non appare affatto terminata. Nelle ultime 24 ore sull’isola sono sbarcate circa duemila persone. All’alba di oggi ne sono stati registrati 800. Una carretta con 360 migranti è approdata in nottata nella riserva naturale dell’Isola dei conigli, mentre un secondo barcone, con circa 500 extracomunitari si trova a circa dieci miglia dalla costa. Nella zona si sono dirette tre motovedette della Guardia costiera e un elicottero della Guardia di finanza, oltre a un pattugliatore della Marina militare. Le condizioni meteo nel Canale di Sicilia sono in netto peggioramento, con mare forza 5-6. Poco prima delle dieci, poi, alla capitaneria di porto è giunto un sos lanciato da un altro barcone con oltre 500 profughi a bordo. L’imbarcazione si trova a 40 miglia da Lampedusa in acque Sar (le operazioni di ricerca e soccorso ndr) di competenza maltese.
Le autorità maltesi, come spesso avviene in questi casi, hanno fatto sapere che stanno monitorando la situazione ma che non possono inviare propri mezzi navali in soccorso del barcone a causa delle cattive condizioni meteo nel Canale di Sicilia. L’imbarcazione sta navigando lentamente e imbarca acqua, come hanno comunicato gli stessi extracomunitari attraverso il telefono satellitare. Non è escluso che nella zona vengano inviate alcune unità della Guardia Costiera o della Guardia di Finanza di stanza a Lampedusa, che tuttavia sono impegnate ininterrottamente in operazioni di soccorso da 24 ore.
Intanto, i primi 500 profughi soccorsi all’alba di oggi non verranno portati sull’isola ma trasbordati direttamente sulla nave Flaminia in rada da giorni in attesa di trasferire immigrati in caso di necessità. Tra i 500 profughi ci sono anche donne e bambini. Sembra che stiano tutti bene e che non siano necessari interventi sanitari. Gli africani, provenienti quasi tutti da paesi subsahariani, resteranno sulla nave Flaminia fino a quando non verranno raggiunti sul traghetto dagli altri 1.200 profughi arrivati nelle ultime 24 ore a Lampedusa e al momento ospiti dell’ex base militare Loran.
Tre profughe in stato di gravidanza sbarcate ieri sera a Lampedusa sono state trasferite questa mattina in elisoccorso all’ospedale Cervello di Palermo. Le tre donne avevano contrazioni e altri problemi dovuti alla gravidanza e al lungo viaggio, ma non sono in pericolo. Adesso verranno curate dai sanitari dell’ospedale palermitano.
Sul fronte dell’accoglienza, il commissario straordinario della Protezione civile Franco Gabrielli ha fatto sapere che dalla prossima settimana circa 2.500 immigrati attualmente ospiti dei Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) saranno trasferiti nelle regioni “secondo l’equa distribuzione – con l’esclusione dell’Abruzzo – prevista dal Piano elaborato dal Sistema nazionale della Protezione civile”. I responsabili della struttura spiegano: “I migranti arrivati a Lampedusa saranno così accolti temporaneamente nei posti resi disponibili nei Cara, prima di essere a loro volta accompagnati nei luoghi che, di volta in volta, le Regioni predisporranno”.
Questo nuova ondata di sbarchi è stata letta dal ministro Maroni come naturale conseguenza delle bombe. Naturale riferimento alla scelta (criticata dalla lega) dell’Italia di intervenire con i proprio missili nella crisi libica. Al capo del Viminale, risponde oggi il ministro della Difesa Ignazio La Russa per il quale i nuovi sbarchi di immigranti dal Nordafrica a Lampedusa “non sono imprevisti”. “Sappiamo – ha detto – che la vicenda del Nordafrica produce inevitabilmente un aumento dei flussi migratori, ma anzi la nostra presenza nel contesto internazionale consente di accelerare la possibilità di controllarli meglio in misura proporzionale al nostro intervento. Si producono per quello che è successo nel Nordafrica e per le vicende tutt’ora in corso”. Quindi ha proseguito: “La nostra presenza è una garanzia che sta concorrendo ad eliminare le cause di questo esodo che ha anche delle giustificazioni umanitarie ma che produce grandi problemi. Soprattutto se dobbiamo affrontarli da soli: noi vorremmo – ha aggiunto- che il problema fosse affrontato dalla comunità internazionale ma non possiamo stare con le mani in mano ad aspettare che questo avvenga specie se non partecipassimo con le altre nazioni a cercare di eliminare il problema lì dove è nato”.