Difendere la scuola pubblica, garantire i servizi sociali, combattere la disoccupazione giovanile. E ancora: disfarsi dell’ormai odiato Civis e completare il progetto del People Mover. Virginio Merola, candidato sindaco del centrosinistra, si presenta e spiega davanti alle telecamere del Fatto le “sue” priorità per Bologna.
Cinquantacinque anni, è casertano di nascita, ma bolognese fin dalla tenera età. In tasca, oltre alla tessera del Partito Democratico, una laurea in filosofia, una lunga esperienza come sindacalista Cgil per i trasporti, e cinque anni da assessore all’Urbanistica, alla pianificazione territoriale e alla casa nella giunta di Sergio Cofferati. Dopo la sconfitta alle primarie del centrosinistra del 2008, quelle che segnarono l’ascesa di Delbono (seguita poco dopo da una brusca discesa), stravince in quelle del 2011 contro Amelia Frascaroli e Benedetto Zacchiroli, piazzandosi in pole position per la corsa a Palazzo D’Accursio.
Nonostante una campagna elettorale segnata da dossier anonimi e qualche passo falso, rimane il favorito. In testa in ogni sondaggio, alle elezioni del 15 e del 16 maggio la sua coalizione, composta da Pd, Sel, Idv, Federazione della sinistra e Rosa per Bologna, dovrà vedersela con il principale avversario, rappresentato dal leghista Manes Bernardini, sostenuto anche dal Pdl. In squadra con Merola tanti volti noti del Partito Democratico bolognese, a cominciare da mister preferenze Maurizio Cevenini, che dopo aver rinunciato alla candidatura per motivi di salute, oggi è a capo della lista. Lo seguono Claudio Mazzanti, impiegato amministrativo dell’Acer noto per il coinvolgimento nella bufera dei dossier anonimi, Simona Lembi già assessore provinciale e comunale Cultura, Scuola e Pari opportunità, Sergio Lo Giudice, professore delle superiori e responsabile Programma PD Bologna, e Paolo Natali, ingegnere, presidente della Commissione Ambiente e Urbanistica nella scorsa legislatura.
La Bologna che vorrebbe è tutta spiegata in un programma di quasi trenta pagine. Tra le priorità un progetto di riqualificazione del centro storico, delle piazze e delle zone verdi, dal nome “Bella Bologna”, e l’avvio di un Piano Strategico Metropolitano con progetti chiave di trasformazione della città. Ma anche l’eliminazione della tassa di iscrizione alle scuole materne comunali, quote rosa nei cda delle partecipate, e l’istituzione di un ufficio del centro storico. Sì al People Mover, progetto che “renderà più accessibile la città”, mentre indietro tutta con il Civis, un vero “pacco” da sostituire con “filobus adeguati”.
Con alle spalle una legislatura del centrosinistra finita con il commissariamento della città, Merola ha ora il difficile compito di recuperare la fiducia dei bolognesi scottati dall’esperienza Delbono. “A Bologna in questi ultimi dieci anni è mancata la politica, ha preso molto di più di quanto ha dato. Il mio problema non sarà allearmi con il ceto politico ma con i cittadini”. Il modello a cui si ispira? “Un misto tra Dozza e Dossetti”.