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L’America festeggia la morte del nemico n°1

Folla in festa davanti alla Casa Bianca

Migliaia di persone a Ground Zero per festeggiare la morte di Osama Bin Laden. A quasi 10 anni dall’attacco contro le Torri gemelle, New York scende in piazza: clacson suonano per la città.

Cantando l’inno nazionale e al grido di ‘Yes we can’, i newyorkesi celebrano la morte dell’autore dell’attentato più sanguinoso in territorio americano. C’è chi arriva avvolto nella bandiera americana, chi piange, chi ricorda le vittime dell’attentato con fiori e candele.

Ecco la cronaca della Bbc con collegamenti da Ground Zero e da Washington

Ci si abbraccia, si canta ‘Usa Usa’. C’e addirittura chi è arrivato in pigiama, altri hanno lasciato il ristorante per ritrovarsi, in modo spontaneo, nel luogo cella tragedia. A poco più di un’ora dalla diffusione della notizia della morte di Bin Laden, mentre frotte di persone confluiscono a Ground Zero, la polizia chiude le strade per contenere la folla crescente.

L’emozione è enorme, in piazza ci sono persone che hanno perso amici e parenti nell’attentato. E, fra le lacrime, hanno voglia di celebrare lo storico momento. E anche il presidente Barack Obama che l’ha annunciato.

Applausi: “Ce l’abbiamo fatta”. Al momento il timore di una vendetta da parte dei militanti di Bin Laden non è considerata. Per ora si festeggia: “Non ci sconfiggerete”, si sente tra le urla di entusiasmo.

A Washington migliaia di giovani e giovanissimi hanno affollato i giardini di Lafayette Park, davanti alla Casa Bianca, urlando con foga tutta la loro gioia.

Dopo aver ascoltato direttamente in tv il presidente annunciare ufficiale che Osama Bin Laden è morto, in tantissimi, avvolti con la bandiera stelle e strisce, hanno dato vita a una sorta di rito collettivo, molto più simile a festeggiamenti da stadio che a una vera e propria manifestazione politica. Urlando incessantemente ‘U-S-A’, tutti avevano in mano il proprio smart phone, perennemente acceso per girare il proprio video da ‘postare’ su Youtube.

“Adesso il mondo sarà molto più sicuro”, urla una ragazza a una delle tante troupe tv che si aggiravano tra la folla. “Bin Laden ha avuto quello che si meritava”, gli risponde un altro, con la maglietta dei Capitol, la squadra locale di hockey.

Mentre lungo la Pennsylvania Avenue, continuano ad affluire giovani universitari direttamente dalla esclusiva Georgetown University, nelle strade del centro cominciavano i caroselli dei suv stracarichi di ragazzi, anche loro con la bandiera, urlando, suonando il clacson e facendo il segnale di vittoria con le mani. Come se avessero vinto il Mondiale.

C’è chi urla ‘Obama, Obama’. Altri invece, in giacca e cravatta, mostrano cartelli elettorali un po’ datati, con su scritto il ticket ‘Bush-Cheney’. E c’è anche chi sventola qualche bandiera dei Tea Party. Ma sono una minoranza. Complice la sera tiepida e piacevole, nessuno ha veramente voglia di parlare di politica. E soprattutto di litigare. Tutti hanno solo una gran voglia di stare insieme e divertirsi, senza farsi tanti problemi.

Più defilato, Bill, un ragazzo i 25 anni, più pensoso degli altri. Fa parte di un’associazione pacifista. Qui, in questi giardini, è venuto molte volte a manifestare il suo dissenso a tutte le guerre. A lui questo entusiasmo non piace: “Molti di loro dieci anni fa stavano alle elementari, non sanno niente dell’11 settembre…Bin Laden era un criminale sanguinario, ma non mi piace quel Paese in cui si festeggia in piazza la morte di 21 persone”. Ma è l’unico ad avere questi pensieri. Accanto a lui passa un gruppo di giovani scalmanati, sudati e a dorso nudo, che gli urlano a squarciagola ‘Usa, Usa’. Come loro, tanti altri, continueranno a far baldoria, in questo lungo giorno di festa, a Washington.