Dopo quasi tre anni va in scena un vertice tra enti locali e governo sulla Tav. Tutto per non perdere i fondi europei destinati alla contestatissima Torino-Lione. Ma al tavolo siedono solo i sindaci favorevoli all'opera e per la maggior parte targati Pdl e Lega. Quelli No Tav restano fuori da Palazzo Chigi
Il governo dà il via all’Alta velocità sulla tratta Torino-Lione, ma senza consultare i comuni piemontesi toccati dalla faraonica opera. Nell’incontro che si è tenuto ieri a Palazzo Chigi, l’esecutivo ha chiamato al tavolo delle trattative praticamente solo le amministrazioni favorevoli alla linea e guidati dal centrodestra. Alla faccia della democrazia. Soprattutto considerando che erano tre anni che non si teneva un vertice tra enti locali e governo sulla Tav. Al tavolo politico-istituzionale hanno preso parte il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, il presidente della Provincia, Antonio Saitta, il presidente dell’Osservatorio sulla Tav Torino-Lione, Mario Virano, il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e infine, ma molto infine, uno sparuto gruppo di sindaci dei paesi piemontesi il cui territorio sarà squassato dai cantieri ferroviari.
Così a piazza Colonna, mentre decine di cronisti e operatori tv erano ammassati a seguire il vertice a Palazzo Chigi della maggioranza sulla Libia, pochissimi erano intenti a coprire la protesta di una ventina di sindaci che hanno inscenato un sit in in via del Corso di fronte Palazzo Chigi. Motivo? I sindaci dei comuni piemontesi invitati al tavolo erano solo otto su venti e, guarda caso, la maggior parte, 5 di questi, erano amministrazioni favorevoli all’opera e al progetto (3 del Pdl e 2 di liste di centrodestra). E la maggioranza dei paesi che sono contrari alla Tav? Tutti fuori a protestare. Al di là delle transenne, lontani dalla presidenza del Consiglio per non disturbare il summit e, probabilmente, per non essere ripresi dalle telecamere.
Dopo un po’ di tempo arriva anche il sindaco di Torino in piazza. I primi cittadini della Val di Susa gli urlano: “Chiamparino, venga qui, ci ascolti”. A quel punto lui si avvicina alla transenna. Una telecamera a distanza lo segue, filma. Lui discorre con i sindaci arrabbiati. Qualcuno gli ricorda che alle ultime regionali i voti dei No Tav, grazie soprattutto al Movimento 5 stelle, hanno pesato, e tanto, nella sconfitta del centrosinistra con Mercedes Bresso. A quel punto il sindaco di Torino si lascia scappare una frase: “Perché abbiamo perso la Regione? Beh, ora ci sono i microfoni, i giornalisti, non posso dirlo, ma lì lo sappiamo bene quale errore è stato fatto”. Ripetuto più volte. Poi arriva una giornalista e gli fa una domanda: “Sindaco Chiamparino, trova giusto che la maggioranza dei comuni interessati dalla Tav, e per di più contrari, siano tenuti oggi fuori da questo tavolo?”, Chiamparino è infastidito: “Io sono stato invitato, sono qui per sentire, non per rispondere” e aggiunge “c’è una delegazione, si saranno seguite le regole democratiche di rappresentanza”. Un sindaco rintuzza: “E’ democrazia questa? Viene invitata solo una rappresentanza scelta dal governo e in alcuni casi comuni distanti decine di chilometri da quella che sarà la linea ad Alta velocità”. Ma Chiamparino non risponde.
I sindaci in strada, tutti con la fascia tricolore, elencano le pesanti ricadute che avranno sul territorio: sorgenti prosciugate, cantieri che stravolgeranno il territorio per anni e anni, un’economia fondata sul turismo che verrà danneggiata, polveri sottili sollevate nell’aria. A fare da coordinatore della protesta c’è Sandro Plano, presidente della Comunità montana della bassa Val di Susa (43 comuni in tutto), anche lui escluso dal vertice. Quella Comunità montana, dove i comuni No Tav costituiscono la maggioranza, che per prima, già nel 2006, ha sollecitato l’istituzione di un tavolo tra enti locali e governo per fare il punto sull’opera. “La mia posizione sulla Tav mi ha portato diversi conflitti anche all’interno del mio partito, il Pd, dove è stata minacciata anche la mia espulsione”, dice Plano. Ma la cosa che soprattuto fa infuriare il leader della protesta valsusina è la scelta dei comuni chiamati a trattare con il governo: “L’esecutivo dice che è stato deciso di convocare i rappresentanti di un comune per ognuna delle zone in cui viene diviso il percorso. Ma ci sono comuni convocati, come Claviere, Giaveno e Condove, che o non sono toccati dal percorso o lo sono solo di striscio”.
Dopo due ore, il vertice si chiude. Il ministro Matteoli alle agenzie di stampa dichiara: “Ho garantito alla Regione Piemonte e agli Enti locali interessati che saranno disponibili, con l’imminente avvio dei lavori del tunnel della Maddalena, 20 milioni di euro per l’acquisto di materiale rotabile per il trasporto pubblico locale. Ho, inoltre, rassicurato che nell’arco di due mesi avremo la disponibilità del progetto preliminare dell’opera. Ho infine ribadito la necessità di rivedere con la Francia l’accordo del 2004 sulla ripartizione dei costi dell’opera e che stiamo operando in tal senso con il governo francese”.
A giugno parte dunque il primo cantiere. Nel 2013 partiranno, invece, i lavori per il tunnel di base che collega Italia e Francia e per il nodo di Torino. Mentre per la bassa Val di Susa si dovrà attendere il 2023. Contento il presidente leghista della Regione Piemonte, Roberto Cota: “E’ un fatto concreto e non ci sono più ostacoli: tra maggio e giugno deve partire il primo cantiere, è la tempistica per mantenere i fondi europei”. Rimossi “gli ostacoli”, dunque, primo fra tutti quello della rappresentanza dei comuni interessati.