I vicini di casa, così come i parenti, uno non se li sceglie. Ma tutto poteva immaginare Sohaib Athar, un programmatore informatico pachistano di 33 anni, tranne che a 250 metri dalla casa sua fosse nascosto Osama Bin Laden, il principe del terrore sulla cui testa pendeva una taglia di 27 milioni di dollari. “Un elicottero si è levato su Abbottabad all’una: è un evento raro” il primo messaggio che ha affidato a Twitter la notte del primo maggio. Ignaro di tutto, il programmatore ha continuato ad aggiornare il suo account in un escalation di messaggi: “È andata in frantumi un’enorme vetrata, spero che non sia l’inizio di qualcosa di brutto” il suo secondo Twitt. Poi, riflettendo sulla stranezza di quel frastuono: “I talebani non hanno elicotteri e qua dicono che non sono i nostri mezzi pachistani”. Il quadro per un po’ si confonde: “La gente dice che l’elicottero non aveva un problema tecnico e che è stato abbattuto”.
Poi arriva un twitt ironico: “Sento ancora le pale degli elicotteri: spero che non trovino il mio acchiappa mosche gigante, devo nasconderlo”. Quindi, le cose cominciano a chiarirsi: “Osama Bin Laden è stato ucciso a Abbottabad, in Pakistan. Potrebbe essere qui nel vicinato”. Ma Sohaib non ha ancora collegato gli elicotteri sulla sua testa alla notizia che farà il giro del mondo. Solo la mattina dopo, appena sveglio, capisce di essere inciampato nella Storia: “Oh caspita, sono io il tipo che ha raccontato in diretta il raid contro Osama senza saperlo”.
È comunque un trionfo: lo chiamano i media di tutto il mondo, i suoi “follower” da alcune centinaia diventano 65mila in poche ore. Lui è contento ma anche un po’ scocciato: pubblica una foto di quello che resta del covo di Bin Laden – scattata dal balcone di casa – e si congeda per qualche ora: “Mi sono appena svegliato e ho delle cose da sistemare prima di riconciare a bloggare. Per favore, non telefonatemi”.
Il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2011