Guidalberto Guidi lo incontravo spesso in ascensore quando lavoravo in un’azienda che fu commissariata e io, senza troppi clamori, chiesi di andarmene volontario in cassa integrazione. Roba di 15 anni fa. Bei tempi. Sua figlia, manco sapevo che esistesse, anzi, non avrei mai creduto che Guidalberto Guidi avesse una moglie e addirittura dei figli. Sempre a lavorare, dalla mattina alla sera. Sempre dietro a contare dei baiocchi, una macchina da soldi, un deposito di Paperone ambulante.
Qualche anno fa scopro che ha una figlia, Federica.
Una tipa tosta la Federica, una che fa il presidente dei giovani industriali e che comanda alla Ducati Energia qui a Bologna, mica una che sta su feisbuc a giocare a Farmvill o a scrivere stati tipo “Uffa, domattina è lunedì, che palle. Sono depressa, voglio andare in ferie”.
Ogni tanto la intervistano e lei sentenzia.
Parla sempre di far lavorare (gli altri), di produrrre (gli altri), di giovani (gli altri), di consumare (tutto), insomma fa dei discorsi che scatenano gli applausi dei giovani industriali che poi non è che siano così giovani.
Ad esempio, la Federica ha 42 anni, non è che sia di primo pelo, ma non è questo il punto, non stiamo a mettere i puntini sulle i a Bologna, regno degli adultolescenti e dei maicresciuti.
L’ultima sparata della Federica è stata questa: “Certe lauree non servono a niente”
Ha ragione.
Qualcuno doveva dirlo prima o poi, brava Federica, un ottimo slogan per disincentivare la gente da tutta italia dal venire a studiare qui a Bologna pagando fior fioroni di euro in nero ad affittuari indigeni che si lamentano del degrado e del CIVIS. Giusto.
Ma la soluzione quale sarebbe? Laurearsi tutti in ingegneria?
Giammai. Milioni di cinesi e indiani molto più bravi lo stanno già facendo. Gente pronta a viaggiare e forse “culturalmente più evoluti” sentenzia la Fede che rincara la dose “In molti casi è meglio un buon titolo tecnico che una laurea in indirizzo umanistico”.
Parole pese nella città italiana con il maggior numero di artisti dopolavoristi adultolescenti, parole da sindaco, parole di speranza per tutti quelli che da anni auspicano la chiusura dell’Alma Mater Studiorum responsabile dell’incremento esponenziale di chebabbari sotto le due torri.
Una Bologna peggiore è possibile.