Senza nessuna pretesa di dare la linea, vorrei solo dare voce a tutti quelli che come me sono rimasti turbati dalla esecuzione di Bin Laden. Mi pare infatti che di esecuzione si tratti, e leggo che la missione dei militari americani era quella di ucciderlo.
Ho già sentito qualche giornalista perplesso sulla ricostruzione della vicenda, che per ora non è una ricostruzione molto credibile. Quali ambiguità e intrighi stanno dietro al fatto che Osama se ne stesse in una villa proprio lì? Come si è arrivati ad assaltarlo adesso?
Ma indipendentemente da queste dietrologie, sono turbato dal messaggio di morte e di vendetta che viene dai commenti prevalenti su questa vicenda. Nella prima tornata di dichiarazioni ufficiali solo il Vaticano sottolinea che non si gioisce della morte di un uomo.
Ma non mi spingo neanche a tanto. Credo che si possa anche gioire quando la morte è l’inevitabile esito dell’abbattimento di un tiranno, che cadendo fa cadere un regime. Tuttavia, quando la più grande potenza del mondo ha paura di catturare Osama e dà disposizione di abbatterlo e di far sparire il cadavere, non riesco proprio a gioire. E’ uno spettacolo squallido, è il messaggio che mescola giustizia e vendetta.
Forse noi europei, nonostante le stagi di Madrid e Londra, non siamo riusciti a capire lo stato di frustrazione e paura degli americani (cittadini Usa) a dieci anni dall’11 settembre. Forse.
E quindi dovremmo comprendere i ragazzi americani che son scesi in piazza a festeggiare gridando “Usa, Usa”. Un amico mezzo americano mi ha detto di tener presente l’esultanza a Bengasi per la uccisione di un figlio di Gheddafi. Ma io non credevo e non credo che si possano paragonare le due situazioni.
L’unica cosa positiva è che, essendo stato Obama a far fuori Osama, è assai più probabile che rivinca le elezioni. Ma oggi ho sentito una tremenda distanza col suo sistema di valori. Non sono un pacifista assoluto, ma non mi aspettavo questa rivendicazione di Stato per le esecuzioni.