Il movimento delle donne ha incontrato ieri sera al Cicip & Ciciap alcune esponenti femminili della politica milanese. Per lavorare insieme su progetti comuni. Assenti rappresenti del Popolo della libertà e della Lega nord
“Questa politica degli uomini ci ha rotto le palle”. Anzi “i collant…”. Con un leggero colpo di tosse Nadia Riva richiama le donne del ‘Cicip & Ciciap‘ a un linguaggio più adatto a uno dei templi del femminismo milanese. Insieme a Daniela Pellegrini, con cui nell’81 ha fondato il Circolo culturale e politico delle donne, prova da anni a organizzare un incontro con altre donne, quelle che lavorano dentro le istituzioni. Quattro anni fa, la proposta fece spaccare il movimento: tolleranza zero verso quelle che, una volta ‘dentro ai palazzi’ si dimenticano di essere donne. Ma ieri sono riuscite a portare in sala una ventina delle candidate alle elezioni amministrative di Milano, scelte in base alle relazioni personali e al loro impegno sulle tematiche di genere. Donne di tutti gli schieramenti, o quasi: perché da Pdl e Lega l’invito è stato declinato. Tante le carte sul tavolo della discussione: ambiente e salute, lotta alla corruzione, allo spreco di risorse e alla solitudine, iniziative contro la violenza sessuale. Tutte da affrontare in un’ottica di genere: quella femminile da affiancare a quella maschile dominante. Una scommessa per ‘Tavolo Zero‘, rappresentato da Marina Terragni che ha organizzato l’incontro insieme al Cicip & Ciciap: fornire alle candidate un legame con l’esterno, con quella vita reale delle donne che una volta dentro il meccanismo istituzionale sembra sempre più distante. Per creare relazioni e lavorare insieme su progetti comuni, in modo trasversale. “Perché io non demordo” commenta Nadia l’assenza di gran parte delle donne di destra.
“Non crediamo che dentro le istituzioni si possano cambiare le cose – spiega la Riva – . Ma abbiamo capito che questa posizione separa le donne e, allora, ho pensato che tutte le strade sono buone”. Un tentativo di mediazione che però non è sempre facile. Si doveva discutere di progetti, capire come le donne avrebbero potuto lavorare insieme, senza essere divise dai portoni di Palazzo Marino. Ma il discorso è andato un po’ per conto suo. “Non siamo qui per sentirci dire quello che già sappiamo” è il commento di alcune delle donne tra il pubblico. Una cinquantina, di tutte le età. Le candidate sembrano non centrare il punto. In poche si arrischiano a parlare di programmi. Una sola, Anita Sonego della lista civica Sinistra per Pisapia distribuisce materiale elettorale. La serata è nata per essere diversa. “Mentre gli uomini sono a caccia di voti fino a tarda notta, noi ci concediamo il tempo di riflettere”, spiega Marilisa D’Amico, docente universitaria di Diritto candidata per il Pd.
C’è chi ci tiene a spiegare perché è entrata in politica, come Sabrina Triola della lista Bonino-Pannella: “Mi sono sentita sola, per me si tratta di un superamento di questa solitudine”. Così come la collega Barbara Ciabò, unica donna di destra presente al dibattito. Candidata del Nuovo Polo per Milano, a sostegno di Manfredi Palmeri, la Ciabò fa parte di Fli. E’ lei, tosta e preparata, protagonista assoluta nell’aver reso pubblico lo scandalo di Affittopoli, a prendere per prima la parola e alza bandiera bianca: “Amiche mie…”. Un inizio non brillante. “Non dobbiamo dividerci sui fondamentali” è il suo appello. Che però dura molto poco: la candidata deve scappare in tv. “Mi dispiace – spiega -, ma il mio partito non ha più rappresentanti. Siamo sempre di meno perché, come sapete, li stanno comprando a uno a uno…”. Un’autocritica che strappa tra il pubblico qualche sorriso di incoraggiamento.
A loro rispondono le colleghe Tiziana Garlato della lista Bonino-Pannella, affatto “una donna di partito”, come spiega, Silvia Longo di Sel, 30 anni, la più giovane e “per la prima volta in politica istituzionale” e Donatella Fiocchi Conti, della lista civica per Pisapia sindaco. “Fino a due settimane fa – racconta la Fiocchi – avevo fatto solo la psicoterapeuta”. “E ce n’è bisogno”, commentano dalle ultime file. Risate in sala, decisamente informale, che Nadia è costretta più volte a richiamare con un democratico “Allora, ragazze!”. “Io non mi chiedo se faccio politica da donna e perché sono donna – aggiunge Sabina Uberti Bona della lista civica ‘Milly Moratti per Pisapia sindaco‘ – Lo sono e basta”. Una cerniera tra le pasionarie e l’altra posizione dominante: le pragmatiche. Capofila è Milly Moratti – con l’omonima lista a sostegno di Giuliano Pisapia – accolta con calore. La sensazione è che se lì ci fosse stata l’altra donna Moratti – la cognata di Milly -, il sindaco di Milano Letizia, i commenti sarebbero stati diversi. Moratti “quella brava”, specificano, si dice stufa di una politica e una città “da maschi”. “Posso dirlo o è troppo femminista?”, chiede con finto turbamento. “Nooo, dillo! – le urlano dal pubblico – Loro possono e noi no?”. La sua stoccata è per il partito degli affari che sta rovinando la città, “e che di solito corrisponde al centro destra”, spiega. “E’ trasversale…”, precisa Barbara Ciabò, prima di scomparire. “Non mi bastava una città fatta per maschi, sani e che portano la macchina”, aggiunge Paola Bocci del Pd. Una delle poche, forse, a centrare il punto dell’incontro: “Aprire alle anime non politiche della città”. O meglio, politiche ma da fuori, perché “stiamo parlando di una politica già morta”, precisa Marina Terragni. “In questa società sto male – chiude Anita Sonego – Non perché è governata da uomini, ma perché è governata male”.
E quindi, ragazze, che si fa? “Vi chiedo di votare e votare una donna”, propone Rosaria Iardino del Pd. E il danno è fatto. La polemica corre sottile, in una sala così educata che la fotografa, per salire sul tavolo e scattare dall’alto, si toglie le scarpe. “Non bisogna per forza votare per una donna – risponde la Sonego – . Ricordiamoci che abbiamo un sindaco donna e vogliamo mandarla via”. La Moratti di cui sopra, non “quella brava”.
Nonostante gli spunti disparati offerti dalle candidate, le donne del pubblico sembrano aver capito: “Le vostre parole mi sembrano troppo cariche di un senso di riscatto. Così diventa un obbligo, una fatica. Si tratta invece di un discorso che deve fluire. Se capita, bene, altrimenti…”. Altrimenti, resta com’è stato finora. “Dobbiamo smettere di chiedere quello che dovrebbe essere già dato – annuisce Nadia Riva – Il punto è che, se ci fosse la possibilità di lavorare insieme, noi ne abbiamo le capacità”. “Io ragiono in una logica di riduzione del danno – aggiunge Marina Terragni, tirando le fila del discorso – Se anche solo tre di loro durante il dibattito hanno avuto un’illuminazione, è una grossa cosa”. “Stasera dovremmo aver capito che non è importante il programma, ma il desiderio”, spiega. Anche e soprattutto di creare relazioni. Per far sì che le donne che entrano nelle istituzioni non perdano il contatto con la realtà e le questioni femminili, quelle che si svolgono fuori dai palazzi. “Io ti curo” è lo slogan creato da Nadia. Che è anche una minaccia, “perché vuol dire che ti controllo”. Cosa c’entra con le elezioni? Nulla, appunto. E’ la politica, bellezza.