L'impianto di Hamaoka si trova sulla congiunzione di due placche tettoniche. Così il premier nipponico ne ha disposto la chiusura. A Fukushima sono intanto stati installati i tubi per aspirare dall’esterno l’aria contaminata e permettere ai tecnici di lavorare
E’ “la prima volta che un capo di governo giapponese chiede direttamente la chiusura di una centrale atomica”. Così Juniki Sato, direttore esecutivo della filiale nipponica di Greenpeace commenta la scelta del premier Naoto Kan di richiedere la chiusura dell’impianto di Hamaoka, nel Giappone centrale. La centrale si trova nella prefettura di Tokai, a 200 chilometri a sud ovest di Tokyo: una zona di congiunzione tra due placche tettoniche, considerata uno dei siti atomici a più alto rischio sismico del Paese. Il premier non vuole rischiare, dopo il terremoto – e il successivo tsunami – che ha devastato il Paese l’11 marzo scorso e la nuova scossa di magnitudo 6,1 registrata ieri a largo dell’isola di Honshu. E soprattutto dopo il disastro nella centrale nucleare di Fukushima dove solo ieri gli operai sono riusciti ad entrare nell’edificio che ospita il reattore 1. “Tutte le operazioni della centrale devono essere sospese – ha dichiarato Kan in diretta tv -, la decisione è stata presa pensando alla sicurezza della popolazione”. Un annuncio che ha interrotto il telegiornale della sera sull’emittente pubblica Nhk, in cui il primo ministro ha chiesto di sospendere le attività dei reattori 4 e 5, attualmente in funzione, e di bloccare il riavvio dell’unità 3, fermata lo scorso novembre per manutenzione e da far ripartire per luglio, nelle intenzioni dei gestori.
Sempre oggi, inoltre, la società Tepco ha registrato un’anomalia in un’altra centrale nipponica. Nell’impianto Kashiwazaki–Kariwa, nella prefettura di Niigata, non si chiude perfettamente una delle valvole che regola l’immissione di acqua nei reattori in caso di emergenza. La società di gestione ha escluso la possibilità di fuoriuscite radioattive o di danni per la zona circostante. “Il governo nipponico deve fermare e smantellare gli impianti esistenti – aggiungono da Greenpeace – ma soprattutto deve cancellare i programmi che prevedono la costruzione di nuove centrali nucleari e avviare il Giappone sulla strada di un futuro energetico alimentato dalle fonti rinnovabili”.
Proseguono intanto i lavori nella centrale nucleare di Fukushima, danneggiata dal terremoto e dal conseguente tsunami dell’11 marzo. Finora gli alti livelli di radioattività non avevano permesso agli operai di entrare negli edifici che ospitano i reattori andati in avaria. Ieri in tarda mattinata – all’alba in Italia – una squadra di 12 tecnici della Tepco è entrata nella struttura dove si trova il reattore 1. E’ stata la prima volta dal 12 marzo, all’indomani del sisma, quando una forte esplosione causata dall’idrogeno ha reso inagibile l’edificio. L’idea della società che gestisce anche questo impianto nipponico – accusata di scarsa trasparenza e incapacità nella gestione della crisi – è stata di installare dei tubi per aspirare dall’esterno l’aria contaminata e rendere più salubre l’aria. Ieri gli operai si sono datio il cambio, in squadre di quattro, restando all’interno dell’edificio in turni da 10 minuti, per non superare un’esposizione alle sostanze tossiche superiore a 3 millisievert. L’installazione dei tubi dovrebbe permettere ai tecnici di restare più a lungo all’interno della struttura con il reattore e riparare le apparecchiature. Intorno alla metà del mese, prevede la Tepco, inizieranno i lavori per installare il nuovo sistema di raffreddamento stabile: l’acqua contaminata, proveniente dal reattore, verrà depurata con un trattamento chimico e riciclata.