"Raggiunto un accordo con l'Italia" dichiarava ieri il vicepresidente del Cnt di Bengasi. Oggi, dopo la smentita della Farnesina, arriva quella della Difesa. "Cosa pensa La Russa, che la gente crede che i mezzi difensivi siano le fionde?" riprende la polemica con le parole del capogruppo della Lega in commissione Difesa
Un giallo di dichiarazioni che arriva mentre gli Stati Uniti, dopo la visita a Roma del segretario di Stato americano Hillary Clinton, mostrano il loro apprezzamento per “la leadership italiana”. “Siamo consapevoli che per l’Italia la situazione è più complessa che per gli altri Paesi – ha spiegato la Clinton in un’intervista a Lucia Annunziata -, ma è proprio perché l’Italia conosce bene la Libia, ha tanti contatti e rapporti storici con quel Paese è particolarmente importante che ricopra un ruolo di primo piano”. E l’Italia ha risposto aumentando il proprio impegno militare in territorio libico, decisione che secondo la rappresentante Usa “avrà un impatto di rilievo”. L’ostacolo è però Muammar Gheddafi, anche se la sua fuoriuscita è intesa come politica dalla coalizione internazionale. Riguardo a una possibile uccisione del rais, la Clinton ha commentato che “onestamente non è questo lo scopo della missione”. I bunker gestiti dal rais e dai suoi familiari sono però “obiettivi legittimi” e, ha ammesso il segretario di Stato, il Colonnello “potrebbe diventare vittima della violenza che ha lui stesso innescato”.
Attacchi che continuano in diverse zone della Libia. A Misurata, la tv di Stato libica annuncia che alcuni gruppi di insorti – dal numero non specificato – si sarebbero arresi e consegnati alle forze governative. Secondo un anonimo portavoce militare del regime, verranno presto diffuse in tv le registrazioni delle loro confessioni. Secondo quanto riporta un corrispondente della ‘France presse’, è intanto visibile una colonna di fumo che si alza da un deposito di carburante nel porto della città. Lo stesso colpito ieri dai bombardamenti delle forze lealiste. Si sarebbero così già formate le code di cittadini davanti alle stazioni di servizio, nel timore che il carburante possa presto scarseggiare nella città sotto assedio da due mesi. E dopo i raid Nato a est della città, violenti combattimenti sono in corso tra gli insorti e i lealisti nella zona dell’aeroporto e della vicina accademia dell’aeronautica militare, dove “si continuano a sentire colpi di artiglieria ed esplosioni di missili”, racconta un portavoce dei ribelli. Ma i raid della coalizione internazionale proseguono anche nel resto del Paese: due caccia Tornado britannici hanno distrutto nella città di Sirte almeno 30 container per il trasporto di missili sovietici Scud e diversi testimoni hanno raccontato di due violente esplosioni a nella parte occidentale di Tripoli, dove sono stati visti in volo caccia-bombardieri dell’Alleanza. Per i presenti, si tratta del più forte raid alleato da quello che uccise il figlio minore del Colonnello libico. Nel frattempo, un portavoce dei ribelli a Zintan ha riferito che aerei della Nato hanno attaccato alcuni depositi governativi di armi. Negli scontri di ieri con le forze fedeli al regime inoltre, secondo quanto riferisce il portavoce, hanno perso la vita undici insorti e altri 35 sono rimasti feriti.
E si fa sempre più difficile la situazione per i profughi libici. Da febbraio, quando sono iniziati gli scontri, migliaia di cittadini libici sono fuggiti in Egitto e Tunisia, ma adesso le autorità del Cairo hanno deciso di bloccare l’accesso a chiunque non sia in possesso di un visto da richiedere in un’ambasciata egiziana all’estero. Una risposta a misure simili prese da Tripoli due anni fa, ha spiegato il ministro degli Esteri egiziano.