“Non siamo mica scemi, un governo tecnico ci fa arrivare tutti i clandestini del mondo”. Così Umberto Bossi ha risposto – parlando ad un comizio a Brebbia, nel varesotto – alle indiscrezioni su un possibile asse Lega-Quirinale per la costruzione di un esecutivo tecnico.”Non c’entra niente – ha spiegato il leader del Carroccio – io posso trattare con lui (Giorgio Napolitano ndr), moderare, ma Berlusconi è Berlusconi, è il mio alleato e l’altro è il presidente della Repubblica che firma le leggi”. Che poi questo eventuale asse sia rivolto proprio contro il premier, per Bossi è fuori discussione. “Sono tutte stronzate”, ha tagliato corto. Eppure “diciamo la verità, la Lega ha quasi in mano il Paese – ci tiene a precisare – Berlusconi può fare, ma deve avere l’accordo della Lega”.
Insomma, se mai ci fosse bisogno di chiarirlo, è la Lega a tenere in vita il governo, responsabili o meno. “E’ ovvio che su fatti non previsti dal nostro comune programma non sempre c’è assoluta identità di vedute”, dice intanto nel suo comizio ad Arcore il premier, che però ricorda come l’alleanza con il Carroccio sia “salda e più forte che mai”.
Le cose in realtà non stanno esattamente così. Dopo lo strappo, ricucito a fatica, sui bombardamenti in Libia, dopo le critiche piovute sul ministro Tremonti dai giornali del premier, la situazione tra Lega e Pdl si è solo ufficialmente calmata. Sulla giustizia, ad esempio, il Carroccio continua ad essere scettico, seguendo in questo i mal di pancia della sua base. Una questione in verità tutta elettorale, viste le imminenti elezioni amministrative. Un test fondamentale per capire la salute dei due partiti dopo le polemiche degli ultimi mesi e un’anticipazione delle polemiche che verranno dopo. Per i due alleati, infatti, le priorità sembrano essere molto diverse. Da un lato la Lega punta a intaccare il bacino elettorale berlusconiano al Nord, dove solo la Lombardia sembra resistere alle amministrazioni verdi. Il Pdl, dal canto suo, continua a rimanere ostaggio del suo fondatore e capo. E Berlusconi, indebolito dai processi, svuotato della maggioranza parlamentare sembra essere disposto a scendere a miti consigli su quasi tutto pur di rimanere in sella.
Insomma, un lungo logorio in cui il Senatur non perde occasione per marcare le differenze con l’alleato. Il leader leghista preferisce ad esempio non commentare le dichiarazioni del presidente del Consiglio sui tribunali e la sua proposta di una Commissione d’inchiesta sui pm di Milano: “Io non parlo di magistrati – ha ripetuto Bossi – perché ce n’è qualcuno stronzo ma uno non può dire che siano tutti stronzi. Qualcuno farebbe bene sicuramente a fare un altro mestiere, però, insomma…”. Di epiteto in epiteto, il leader della Lega dedica due parole non proprio gentili anche al presidente della Camera, Gianfranco Fini: “E’ uno stronzo – commenta – l’importante è che noi prendiamo voti e lui no”.
Ancora riguardo al rapporto con il premier, il Senatur è tornato sull’intervento militare in Libia e sulle non non poche polemiche che ha provocato all’interno della maggioranza. Ancora una volta le affermazioni sono quelle di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico: “So che Berlusconi ha iniziato a dire che bisogna ridurre un po’ la partecipazione alle missioni internazionali – ha detto Bossi – e questo è positivo, perché ci costano moltissimo”. Collegata è poi la questione immigrazione e soprattutto la posizione dei clandestini, sui cui assicura: “Come con il federalismo, abbiamo mantenuto la parola”. Il leader del Carroccio ha però ribadito la differenza tra gli immigrati clandestini e i profughi: “Se i clandestini arrivano noi continuiamo a mandarli fuori dalle balle – ha spiegato -, se sono profughi a sbarcare allora è diverso”.
Non è mancata una battuta dedicata all’eventuale successione di Giulio Tremonti a Silvio Berlusconi, ipotizzata dallo stesso premier. Il ruolo del superministro continua ad essere terreno di partita tra i due. Tremonti, infatti, sembra essere l’unico a non subire le pressioni di Berlusconi. E così da tempo il ministro non si presta più alle promesse di taglio delle tasse o altri miracoli. Al contrario, si è speso più di una volta, di recente, sulla necessità di ridurre le spese e mantenere in ordine i conti. Fumo negli occhi per il premier, che non trova spazio per mirabolanti proclami. E così, fallito il tentativo di smontare la popolarità del ministro, Berlusconi ha giocato la carta della cooptazione. Con scarsi risultati, ad ora, almeno a sentire ciò che Bossi diceva ieri: “L’altra sera ero a Roma – ha raccontato il senatùr – e a lui (Berlusconi, ndr) ho detto: ‘Cosa continui a dire che ti ritiri, hai sempre detto che ti ritiri quando mi ritiro io e poi mandi avanti Tremonti”. “Tremonti – ha concluso Bossi – bisogna vedere se la Lega te lo presta”.