Un gruppo di ricercatori texani presenta una sperimentazione potenzialmente rivoluzionaria: speciali antenne in grado di catturare la luce infrarossa e di trasformarla in energia elettrica. Qualcosa di impossibile per il fotovoltaico tradizionale
Tra l’infrarosso e questi materiali quindi c’è un enorme “gap di banda” che non permette di generare energia elettrica. Per superare questo ostacolo gli scienziati texani hanno realizzato una nanoantenna metallica tra i 110 e i 158 nanometri di lunghezza, specializzata proprio nell’interazione con la luce a infrarossi. Questa speciale nanoantenna cattura le onde ottiche, raccogliendo e concentrando la luce. Non solo. Allo stesso tempo è in grado di funzionare come un fotodiodo, convertendo la luce in una corrente di elettroni. “Il trucchetto – ha spiegato Ezio Puppin, presidente del Consorzio Interuniversitario Scienze Fisiche della materia al notiziario Climascienza – sta proprio nell’utilizzare particelle metalliche piccole che permettono di sfruttare un meccanismo complicato che si basa sui cosiddetti ‘plasmoni di superficie’”.
Si tratta di particolari onde oscillanti di elettroni, chiamati plasmoni perché viaggiano sulla superficie del metallo: quando la luce colpisce l’antenna gli elettroni diventano “caldi” superano le barriere dell’interfaccia semiconduttore-antenna, e producono energia elettrica. “Fino ad oggi non c’era un modo per catturare gli infrarossi – ha spiegato Naomi Halas, scienziata che ha coordinato lo studio – ma noi abbiamo dimostrato invece che è possibile”. Ora che la tecnologia c’è. È arrivato il momento di passare all’applicazione. “Siamo ansiosi di vedere quanto aumenterà l’efficienza dei pannelli solari”, ha detto Halas. Le prospettive sono promettenti, molto più di quelle che riguardano altre fonti energetiche. “Questo tipo di sperimentazioni – sottolinea Puppin – si fanno facilmente. Sono cioè veloci, economiche e soprattutto poco pericolose”. Non c’è infatti nessun confronto con la realizzazione di un impianto nucleare, anche quello più innovativo. “Non ci sono paragoni”, esulta lo scienziato. “Per realizzare una centrale ad hoc ci vogliono all’incirca una quindicina di anni e diversi miliardi di euro, senza contare le implicazioni sulla sicurezza”.
Ma la nanoantenna non sarà destinata ad affiancare soltanto i pannelli fotovoltaici. “La gamma di potenziali applicazioni di questo dispositivo – ha detto Halas – è estremamente diversificata. Ad esempio, potrebbe trovare un ampio uso nel campo della fotonica del silicio sui chip, sulle tecnologie di imaging e su quelle di rilevazione della luce”.
di Valentina Arcovio