Masturbazione, donna, gay, studente. Sono solo alcune delle 138 parole che il Direttorato per le Telecomunicazioni turco (TIB) ha deciso di bandire dai domini internet per preservare la moralità del popolo, anche online. La settimana scorsa, infatti, le autorità hanno inviato una circolare agli internet provider, intimando loro di chiudere tutti i siti che contengono nell’indirizzo web un vocabolo della lista vietata e di impedirne l’apertura di nuovi che violino la direttiva ufficiale.
Il TIB “non ha né il potere né le facoltà per chiudere i siti”, come ha osservato Mustafa Akgül, presidente dell’associazione internet INETD ma nonostante questo ha minacciato sanzioni pecuniarie nei confronti di chi non è intenzionato a rispettare la nuova linea guida. Un tentativo di intimidazione che, a fronte delle proteste dalla rete, si è trasformato in una semplice “circolare”. Che, però, non è stata ritirata. Il rapporto del governo turco con la Rete si è inasprito dal 2005, anno in cui è stata creata l’Authority per l’informazione e la comunità tecnologica (Btk) che ha ostacolato la libera circolazione dei contenuti. E oggi, ha detto il presidente dell’Ordine dei giornalisti turchi Hurriyet Orhan Erinc, “le autorità stanno vedendo come possono limitare la libertà su internet, anziché promuoverla”. Con il pretesto di preservare la moralità e l’orgoglio nazionale infatti, in Turchia a maggio 2007 erano stati bloccati e censurati oltre 16mila url che rimandavano a siti gay, pornografici o che violavano il copyright e YouTube era stato bloccato per tre anni perché conteneva video critici contro il padre della patria, Mustafa Kemal Ataturk.
A giugno dell’anno scorso, poi, dopo il blocco di facebook in Bangladesh e Pakistan, Istanbul aveva deciso di bloccare alcuni servizi di Google tra cui Analytics, Mail e Documenti per puntare nuovamente a oscurare YouTube. Colpi di spugna che l’estate scorsa hanno riversato di 7000 manifestanti nelle strade della capitale. “Anche oggi, a seguito della ‘circolare’ con le 138 parole intendiamo scendere di nuovo in piazza”, spiega Ahmet Turan Han, blogger e attivista dell’organizzazione giovanile Young Civilians,“e anche se il TIB prevede una pena pecuniaria, non ha alcun diritto di imporsi sugli internet provider”. L’intenzione della circolare sulle ‘parole amorali’ esprime la volontà di spingere gli internauti all’autocensura ed è il primo passo verso l’attuazione di provvedimenti più restrittivi. “Il giorno cruciale sarà il 22 agosto”, prosegue Ahmet, “quando entreranno in vigore i filtri per le famiglie voluti dal Btk che imporranno ulteriori limiti alla navigazione in rete”.
Gli utenti dovranno scegliere uno dei quattro filtri da applicare alla propria connessione (bambini, famiglia, nazionale, standard) e per ognuno di essi verrà fissata una lista di accessibilità. E anche se ognuno potrà decidere in autonomia quale modello applicare, l’incognita rimane: “Non sappiamo quali sanzioni possano imporre in futuro e se puntino davvero al giro di vite sulla libera circolazione dei contenuti. Ogni segnale però punta in quella direzione”, conclude Ahmet che insieme agli attivisti di engelliweb e millimotor sta organizzando la protesta dei prossimi giorni. Il blogger, per contestare il provvedimento del Tip, ha realizzato una pagina che contiene ben sette parole probite nell’url e l’unico link che compare rimanda al sito dell’autorità per le telecomunicazioni. Per ora non è ancora stata oscurata.