Cultura

“Ukulele Songs”, nell’ultimo disco di Eddie Vedder lo spirito romantico del rock

Ilfattoquotidiano.it ha ascoltato in anteprima l'ultimo album da solista di Eddie Vedder, storico leader dei Pearl Jam, in uscita il prossimo 31 maggio

di Pasquale Rinaldis

Si cambia, si cresce, si matura: “I tempi sono cambiati”, per dirla alla Dylan, e se ci si aspettava da Eddie Vedder un disco dal tono potente, dal sound grezzo ed energico in stile Pearl Jam c’è da rimanerci delusi. Ma, attenzione, il problema non è che l’ultimo album di Eddie Vedder in uscita il prossimo 31 maggio per la Monkeywrench Records, etichetta di proprietà della stessa band di Seattle – il secondo da solista del leader dei Pearl Jam – sia deludente. Tutt’altro. Già il titolo “Ukulele Songs” non tradisce: 16 canzoni voce e ukulele, con l’eccezione, in qualcuna, dell’accompagnamento col violoncello.

C’è un chiaro riferimento a qualcosa che è caratteristico dei Pearl Jam e di Vedder. Le radici folk rock americane, un filo che passa da Elvis a Neil Young e arriva, appunto, fino a Vedder. E i segni caratteristici sonori e culturali che li lega in questo album hanno assunto una forma dolce e romantica, da ninna nanna, in un rapporto intimo fra una voce e uno strumento. Ed è questo il suo fascino. C’è in “Ukulele Songs” tutto lo spirito romantico del rock ‘n roll, di chi per la prima volta ne faceva uno stile di vita, e Eddie Vedder suonando l’hukulele porta allo scoperto proprio quello spirito, lo mostra con i suoi gesti mentre lo suona.

E chi penserà a un “rimbambimento” magari dovuto all’esser diventato padre, o a un invecchiamento precoce, si sbaglia di grosso. “Ukulele Songs” è il degno contributo che un artista può dare alla sua terra e alla sua cultura. Abbandonato lo spirito nichilista che l’aveva aiutato a comporre “Into the Wild”, Vedder incide un album che racchiude tutto il romanticismo dei primi performer del rock ‘n’roll. Come nel primo album da solista in cui fece un’analisi profonda e sensibile del confronto tra società e natura, in “Ukulele Songs” grazie alla stessa capacità di analisi Vedder riesce a cogliere le sfumature e le tracce di un pezzo della storia della musica. Nelle canzoni c’è il segno indelebile di ciò che ha alimentato l’American Dream e con questo disco il mito può tornare a risplendere. Già in “BackSpacer” – l’ultimo album in studio dei Pearl Jam – si era lasciata disvelare la speranza riaffiorata in seguito all’elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti, dopo gli anni dell’amministrazione Bush e di canzoni arrabbiate.

Una speranza finalmente ritrovata da Eddie Vedder, autore – ieri – di testi fra i più strazianti del Grunge, oggi in “Ukulele songs” lanciato con il singolo “Longing to belong” dove nel video Eddie canta in riva all’oceano ed è accompagnato oltre che dall’ukulele dal rumore delle onde, dà spazio all’ottimismo. E la partecipazione di Glen Hansard che duetta con Vedder in “Sleepless Nights” e quella di Cat Power in “Tonight You Belong To Me” danno conferma a quel che Vedder aveva affermato qualche tempo fa: “Il mondo del rock è assai meno romantico di un tempo”, il furore del Grunge fa ormai parte di un’esperienza remota e la migliore occasione per ridare smalto alla musica è proprio questo album.

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