L'allarme è stato lanciato dal vice direttore generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola alla Scuola superiore dell'economia e delle finanze: "L'attività di monitoraggio ha portato a risultati incoraggianti, ma c'è ancora molto da fare".
A confortare nella battaglia ci sono i dati dell’azione condotta congiuntamente dalla Vigilanza e dall’Uif (unità di informazione finanziaria) che nei poco più di tre anni passati dall’introduzione nel nostro ordinamento della direttiva antiriciclaggio ha prodotto risultati di rilievo. Le segnalazioni di operazioni sospette, circa 12.500 nel 2007, si sono triplicate, divenendo oltre 37.000 nel 2010. Il trend di crescita risulta in notevole accelerazione: +16 per cento nel 2008, +44 per cento nel 2009, +77 per cento nel 2010. E tuttavia, sottolinea Tarantola, “non può considerarsi soddisfacente il fatto che l’aumento delle segnalazioni sia dovuto quasi esclusivamente agli intermediari bancari e finanziari e alle Poste. Dai professionisti e dagli altri operatori, sono pervenute, nel 2010, solo 223 segnalazioni (erano 136 nel 2009 e 173 nel 2008), di cui un terzo dai dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, circa un quinto dai notai”.
Le segnalazioni hanno prodotto “risultati investigativi rilevanti”: le anticipazioni sul 2010 fornite dal Comandante Generale della Guardia di Finanza evidenziano che nel corso dell’anno sono state circa 4.700 le segnalazioni confluite in procedimenti penali aperti presso le procure della Repubblica competenti o che hanno permesso di attivare nuovi procedimenti penali per casi di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale e truffa. Dati più completi, riferiti al 2009, indicano che in quell’anno oltre 11mila segnalazioni sulle 18.800 trasmesse dalla Uif alla Guardia di Finanza (comprendenti anche le 4mila inviate come “archiviate”) sono state ritenute meritevoli di approfondimenti investigativi. Gli approfondimenti conclusi nello stesso 2009 hanno portato a individuare – in circa 3.500 segnalazioni – reati o collegamenti con reati a scopo di lucro. Ciò significa che circa il 20 per cento delle segnalazioni ha prodotto positivi esiti processuali o investigativi. “Si tratta di risultati”, sottolinea Tarantola, “che, se da una parte confermano la validità dell’azione fin qui condotta, dall’altra costituiscono uno stimolo ad affrontare con rinnovata determinazione le persistenti aree di criticità”.
Anche l’azione della Vigilanza è stata intensa. Nel 2010 sono state effettuate 175 ispezioni di carattere generale presso intermediari vigilati, nel corso delle quali è stato verificato anche il rispetto della normativa antiriciclaggio, 9 ispezioni mirate in materia (nel 2009 erano state rispettivamente 181 e 4) e 113 verifiche presso dipendenze bancarie (hinterland milanese, entroterra campano e aree della Sicilia) di 39 banche, a fronte di 78 sportelli (riviera romagnola) nel 2009 e 71 (Calabria) nel 2008. A seguito dei controlli ispettivi e cartolari sono state inviate all’Autorità giudiziaria 63 segnalazioni riferite a violazioni della normativa antiriciclaggio di potenziale rilievo penale (26 nel 2009). Nel corso del 2010 sono state irrogate sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni della normativa antiriciclaggio e delle connesse carenze organizzative e nei controlli interni nei confronti di 43 intermediari, per un complessivo ammontare di 4,1 milioni di euro (nel 2009 erano stati sanzionati 16 intermediari per un importo complessivo di 1,6 milioni di euro).
Insomma, rileva Tarantola, “l’attività di monitoraggio e intervento ha portato nel tempo a risultati incoraggianti. Gli intermediari mostrano un’accresciuta attenzione alla materia. E’ migliorata la conformità alle prescrizioni normative”. L’antiriciclaggio, aggiunge, “deve diventare cultura aziendale diffusa e condivisa ad ogni livello”. E “ciò richiede l’impegno di tutti, dagli organi di vertice fino alle strutture operative periferiche, secondo la posizione organizzativa e il ruolo ricoperti”. Le norme, per quanto “severe, chiare, incisive”, afferma ancora il vice direttore della Banca d’Italia, “sono necessarie ma non sono sufficienti perché la criminalità cerca costantemente nuove strade per riciclare i proventi della propria attività illecita sfruttando le opportunità consentite dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica e finanziaria. Ciò richiede, da parte di tutte gli attori coinvolti, nazionali e internazionali, una elevata capacità di percepire ed analizzare strumenti, modalità e circuiti innovativi utilizzati dalla criminalita’ e di attivare un ampio e tempestivo scambio di informazioni. E’ su questa linea”, conclude Tarantola, “che si sta muovendo, non senza difficoltà, l’azione della Banca d’Italia – nella funzione di vigilanza e in quella, autonoma e indipendente di Uif – per la tutela dell’integrità del sistema finanziario”.