“Dietro il loro appello all’Europa contro il decreto del Governo c’è l’intenzione di dare le spiagge alle grandi cooperative. Come altrimenti si può spiegare la loro opposizione pregiudiziale?”. È il Pdl a lanciare in queste ore un’ombra ‘sinistra’ sul tormentone della legge salva-bagnini. Il deputato berlusconiano Sergio Pizzolante promette che il decreto con cui vengono cedute le spiagge italiane in concessione per quasi un secolo, fatto varare la settimana scorsa in Consiglio dei ministri da Giulio Tremonti, “è una risposta all’emergenza che ci ha imposto l’Europa e come tutte le leggi è perfezionabile, modificabile: ma quali sono le proposte del Pd? Sono troppi 90 anni? Hanno una proposta alternativa? Ci sono dubbi sull’assegnazione del nuovo diritto? Hanno proposte di merito? Niente!”.
Il parlamentare del Pdl se la prende con il presidente della Regione Vasco Errani e con il suo assessore a Turismo e Commercio, il riminese Maurizio Melucci, ma più in generale con “la sinistra emiliano-romagnola”.
Dunque, anche le spiagge alle cooperative? Sulle spiagge vive un’imprenditoria fatta di microimprese familiari: bagnini, chioschisti, ristoratori, campeggiatori, albergatori. “È un sistema che funziona in proprio, una delle eccellenze italiane, non cerca prebende pubbliche e non è, quindi, politicamente controllabile. Noi vogliamo tutelare gli operatori proprio per questo, la sinistra emiliano romagnola, invece, soffre”, punge Pizzolante. Perché si soffre? “Perché quello in questione è uno dei pochi settori che sfugge al controllo: si appellano all’Europa, in realtà voglio fare un ‘regalo’ ai soliti noti”.
Dunque, il dibattito sulle spiagge da bollente diventa di fuoco. Dopo le perplessità di Commissione Europea e presidenza della Repubblica sui capitoli specifici inseriti nel decreto “Sviluppo” di Tremonti, Silvio Berlusconi ha schierato le sue truppe e dettato la linea: al ministro Michela Vittoria Brambilla l’artiglieria e il compito di rinsaldare con le categorie, al ministro Raffaele Fitto la regia tecnica e diplomatica dell’operazione ‘anti-Bolkestein’, ai parlamentari la responsabilità di lanciare le granate.
La Commissione Europea, per bocca della portavoce del commissario al Mercato interno Michel Barnier, si è già detta “sorpresa” del decreto dopo il noto precedente dell’infrazione.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo “Il Sole 24 Ore”, ha espresso tutti i suoi dubbi. I tecnici del Quirinale, spiega il presidente, infatti, valutano la richiesta di ritocchi al decreto per lo sviluppo . Nel mirino dei tecnici del Colle vi sarebbe l’attribuzione di un diritto di superficie ai privati sulle coste per 90 anni e, inoltre, alcune misure di semplificazione potrebbero non rispondere ai requisiti di straordinaria necessità e urgenza. Oltre ad alcuni aspetti che potrebbero non essere costituzionali e che pongono l’Italia e l’Ue davanti a un terreno scivoloso e con il decreto che può diventare materia di scontro.
Lo stesso Errani aveva detto che “Berlusconi con questo pallone gonfiato elettorale ha raggiunto livelli che nemmeno Lukashenko”.
Ad appena qualche giorno dalle elezioni, ieri, Brambilla e Fitto hanno scelto proprio la capitale della riviera per giurare sulla bontà del provvedimento. Nel decreto si fa leva sul “diritto di superficie”, che sarà applicato sulla porzione di arenile ‘attrezzata’, ovvero quella occupata da chioschi, cabine, bar e così via. Verrà rivisto il canone annuo, che “sarà determinato dal Demanio sulla base dei valori di mercato”: in sostanza, aumenterà.
Completano l’opera i “distretti turistici”, chiamati a garantire alle imprese balneari meno burocrazia, agevolazioni fiscali, accessi al credito più veloci e un quarto delle entrate derivanti dai canoni. In tutto questo, anche dopo il blitz a Rimini di Brambilla e Fitto, resta da chiarire se i bagnini di oggi potranno davvero godere di una prelazione o meno sul diritto di superficie: questo, in effetti, nel decreto non c’è scritto, ma è la direzione seguita.
“Il decreto è alla firma del presidente della Repubblica, aspetteremo da lui quello che deciderà”, dice Brambilla che prova ad assicurare: “Il diritto di superficie per le concessioni balneari non andrà minimamente ad incidere su tutte quelle che sono le normative vigenti in termini di tutela della costa, del paesaggio e in termini urbanistici ed edilizi”. E dunque, “qualunque costruzione che dovesse essere mai fatta al di fuori della legge verrà abbattuta a danno di chi l’ha fatta”, sottolinea Brambilla. E a chi agita poi lo spauracchio dei “grandi gruppi stranieri” o, a questo punto, delle “cooperative” che assalterebbero le spiagge italiane se l’Europa avesse la meglio, il ministro ritiene “evidente che a voler regalare le nostre spiagge alle multinazionali siano tanto la sinistra quanto Bruxelles”.
Ovviamente, ce n’è anche per i propri predecessori: “Non comprendo – dice il ministro del Turismo – per quali ragioni la sinistra, invece di sostenere i provvedimenti del Governo per tutelare i nostri bravi operatori del balneare, debba sempre e comunque essere distruttiva, alimentando un allarmismo che non trova ragioni d’essere se non nella loro grande povertà di argomentazioni politiche”. Il problema delle concessioni demaniali “era sul tavolo anche all’epoca del governo Prodi, che è stato solo capace – attacca Brambilla- di rendere le norme di ancora più difficile lettura, i canoni spesso inesigibili e non ha prodotto nulla di buono per gli operatori”.
Se Brambilla spara, al collega Fitto, ex presidente di una Regione, la Puglia, che di coste ne sa qualcosa, spetta il compito di minimizzare: “La Commissione europea e il presidente della Repubblica? Non ci sono perplessità, c’è solo una richiesta di comprendere i contenuti del decreto. Siamo convinti che, all’interno del decreto, ci sia la soluzione a grossa parte del problema con il diritto di superficie per le strutture che insistono sugli stabilimenti balneari. Questo risolverà complessivamente il problema senza quei rischi che vengono indicati”.
Secondo il ministro pugliese, che ribadisce tutti i propri “dubbi” sulla Bolkestein, “l’Europa ha solo detto ‘leggerò’ il decreto, ma non prende una posizione: così come abbiamo fatto rispetto alla procedura di infrazione, ottenendo una proroga al 2015, anche in questo caso puntiamo ad un confronto con la Commissione per chiarire e spiegare anche i contenuti specifici del nostro Paese”. La libera concorrenza, questo è certo, sotto l’ombrellone non deve valere: “Più che del libero mercato, su questo tema desideriamo tener conto degli investimenti degli attuali imprenditori e del valore aggiunto creato”, prosegue Fitto. Il decreto, che prevede uno spazio di intervento da parte delle categorie interessate, parla di “decreti successivi” con il coinvolgimento del ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle entrate.
Fitto assicura di voler riannodare la trattativa con le associazioni di categoria nonostante il tavolo del 12 aprile sia saltato: “Per me il tavolo si è solo interrotto, e va ripreso”. Certo che, senza il via libera delle Regioni, sarà dura procedere. Errani, dopo le bordate della prima ora, ha in serbo altre cartucce: le sparerà in una conferenza stampa ad hoc convocata oggi a Miramare di Rimini, a nemmeno una settimana dall’ultima visita in città al fianco di Pier Luigi Bersani.
Carlo Kovacs