A Milano Letizia Moratti con Bossi, La Russa, Tremonti. Nel pubblico anche Lassini e Minetti. Pisapia invoca "libertà" e "amore". Dibattito tra Casini e Fini a sostegno di Manfredi Palmeri. Il segretario del Pd interviene a Bologna a sostegno di Virginio Merola contro Manes Bernardini della Lega Nord. A Torino scontro Fassino - Coppola
Milano. “La Lega è un alleato prezioso, conosce le esigenze del territorio e con lei abbiamo scritto il programma e per questo la coalizione è unita”, così il sindaco di Milano Letizia Moratti, che in piazza Castello ha partecipato al comizio finale insieme al leader della Lega Umberto Bossi.
Alla domanda se sia preoccupata per un eventuale ballottaggio la Moratti ha risposto “no sono serena”, aggiungendo che con “la concretezza e la credibilità” conta di raccogliere gli ultimi voti degli incerti. Il comizio si è chiuso con un elogio della Lega Nord: “Viva Milano, viva la Lega, viva Umberto Bossi”. Dopo le parole di Letizia Moratti è la volta del Senatur: “Quando mi chiedono cosa sto lì a fare con Berlusconi, io rispondo che siamo lì perché ci dà i voti per cambiare e riformare lo Stato”, ha dichiarato Bossi ribadendo: “Il mio partito ha ottenuto il via libera al federalismo fiscale grazie ai voti di Berlusconi”. Federalismo che, secondo il leader del Carroccio è solo l’inizio” perché “il prossimo obiettivo è il decentramento dei ministeri. Non mancano le rivendicazioni della Lega per qualche “poltrona pesante”: “I milanesi – ha detto Bossi – hanno tenuto in piedi lo Stato ed è giusto che un po’ di ministeri ci siano anche qui”. La Lega e Umberto Bossi si aspettano un vice sindaco del Carroccio a Milano. Alla domanda se la Lega avrà il vice sindaco, Bossi ha infatti risposto: “Sì, qualcosa ce lo devono pur dare”. “Ricordatevi di mettere una croce sulla Lega e dare il voto alla Moratti che è alleato con noi”, ha esortato Bossi.
Prima della Moratti aveva parlato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Letizia Moratti è stato un buon sindaco – ha detto – e ha fatto bene e farà bene” visto che “è una persona seria che si è impegnata per l’Expo, che è fondamentale per il futuro di Milano ed è l’unica capace di portarlo avanti”. Intanto via Dante si riempiva di giovani allettati dall’happy hour offerto a tutti. Spiccava tra la folla Nicole Minetti, la consigliera regionale ormai nota alle cronache per il bunga bunga. Poco prima dell’ex igienista dentale, sono arrivati il ministro della difesa Ignazio La Russa, il sottosegretario Daniela Santanchè, il vice presidente della Camera Maurizio Lupi e il coordinatore del Pdl Mario Mantovani.
Al comizio di Milano per Letizia Moratti c’è stato tempo anche per un siparietto tra La Russa e Tremonti: “Dovete sapere che il consiglio dei Ministri si tiene attorno a un tavolo ovale – ha detto La Russa – con a capo Silvio Berlusconi e al suo fianco Gianni Letta. Poi ci sono tutti i ministri seduti nell’ordine del cerimoniale e io sono accanto a Tremonti. Questa è per me un’occasione di scambiare con lui opinioni e pareri importanti, l’unico problema è che quando ordino il caffè lui mi ruba i biscotti”. Lo stesso Tremonti ha partecipato divertito alla gag, ripetendo al microfono la parola “biscotti”. Quando è arrivato il momento di salutare Tremonti, La Russa è però inciampato in una gaffe: “Salutiamo Giulio – ha detto La Russa – un grande ministro del Pdl, salutiamo Giulio Andreotti”.
Anche nel discorso di chiusura della sua campagna elettorale Giuliano Pisapia non ha rinunciato al suo stile evitando di reagire agli attacchi del Presidente del Consiglio e di Letizia Moratti con la stessa moneta. Pisapia si è concentrato, invece, sul suo modo di intendere l’impegno civico e politico: lavorare per l’interesse generale e per difendere il bene comune. Pisapia ha citato Martin Luther King con la “feroce urgenza dell’adesso” per motivare la sua decisione di candidarsi. Pisapia ha espresso riconoscenza al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “per il ruolo di garanzia e di stimolo che sta svolgendo da anni affinché il confronto politico si ispiri ai valori della Costituzione, della democrazia, e nel rispetto fondamentale della dignità umana e morale”. L’avvocato ha sottolineato l’importanza della sua campagna elettorale, lunga e molto partecipata. “Ė stato un bagno di democrazia, di partecipazione, di felicità”, ha detto il candidato sindaco del centrosinistra a Milano rivolgendosi ai giovani che devono essere considerati come il presente e non il futuro della città. Infine l’appello al voto: “Domenica e lunedì noi abbiamo un appuntamento. Dobbiamo riprenderci due parole. Due parole che ci hanno scippato. La prima parola è libertà. L’altra è amore. Si dicono “popolo della libertà”. Si dicono “partito dell’amore”. Non ne sono degni. Questa sera noi quelle parole ce le riprendiamo. E domenica e lunedì, tutti insieme, liberiamo Milano”.
Grande entusiasmo di Pisapia dopo il concerto di Roberto Vecchioni che ha chiuso in nottata la campagna elettorale dell’avvocato: “Una piazza così a Milano non si vedeva da troppi anni. Dobbiamo trasformare questo entusiasmo, dobbiamo seppellerli sotto una valanga di voti”, ha detto Pisapia parlando a una piazza Duomo gremita, circa 40mila persone secondo gli organizzatori. Alla piazza Pisapia ha ricordato il percorso fatto dalle primarie, i tanti che hanno lavorato all’Officina per la città per la stesura del programma, la campagna elettorale nelle periferie. Ai giovani ha promesso “la città che sognano”; in generale a tutti che da “domenica e lunedì cominciamo la liberazione di Milano”.
Mescolato tra la folla venuta ad ascoltare Letizia Moratti, anche Roberto Lassini candidato della lista del Pdl a Milano e autore dei manifesti che hanno paragonato le procure alle Brigate rosse: “La posizione della Moratti è giusta e coerente dal punto di vista istituzionale, lei rappresenta una istituzione importante come il Comune di Milano. Ha preso le distanze dal manifesto ma non ha preso le distanze da me. Sento la sua vicinanza umana verso di me”, ha detto Lassini.
In piazza Duomo dietro la cattedrale è stato allestito anche il palco per il comizio conclusivo di Manfredi Palmeri, il candidato del Terzo Polo a Milano. “Chi andrà a Palazzo Marino come sindaco di Milano deve essere come l’ultimo dei cittadini e deve dare risposte a chi vive in periferia, a chi ha i veri problemi amministrando e governando con senso civico”, ha sottolineato Palmeri, nel suo comizio di chiusura della campagna elettorale. In sostegno della sua candidatura hanno parlato Italo Bocchino, Giuseppe Valditara, Savino Pezzotta, Emanuela Baio, Pasquale Salvatore, Cristiana Muscardini e Benedetto Della Vedova. Tra i simpatizzanti anche Sara Giudice la ex consigliera di zona del Pdl nota per la campagna anti-Minetti. Tutti hanno insistito sulla “necessità di occuparsi delle persone normali e di non farsi condizionare dai palazzinari e dai poteri forti”. E’ stato anche stigmatizzato il caso-Lassini, l’avvocato indagato per i manifesti anti-giudici e “il comportamento inaccettabile di Berlusconi verso le donne”. “Bisogna cambiare perchè non va bene Letizia Moratti che è stata una grande delusione in termini di rapporto con la città e di risultati ottenuti – ha affermato Palmeri – ed è illusorio pensare che il cambiamento sia Pisapia la cui coalizione non è coerente con il modello di sviluppo della città che deve creare lavoro”.
Bologna. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani era a Bologna per la conclusione della campagna elettorale amministrativa che vede in campo Virginio Merola (Pd) contro Manes Bernardini (Lega Nord). Un appello ai moderati a sostenere la svolta, non una minacciosa spallata ma quel “segnale chiaro” che può determinare l’inversione di tendenza della politica italiana, anche a livello nazionale. Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, ha chiuso la campagna elettorale nel Nord Italia, dove più forte è la scommessa che punta ad espugnare la maggioranza di governo in territori roccaforte del centrodestra. Il risultato si potrà dire raggiunto “se vinciamo a Bologna e Torino al primo turno e andiamo al ballottaggio a Milano e Napoli”, ha scommesso Bersani che guarda soprattutto a Milano, “città simbolo” della possibile riscossa. E’ lì “che è partita l’avventura di Berlusconi”, è lì che “sono quindici anni che il centrosinistra non è nemmeno andato ai ballottaggi”. E lì, oggi, “combattiamo. Per vincere”.
Sul palco per Virginio Merola è salito a sorpresa Romano Prodi. Al suo arrivo alla chetichella, la piazza del centrosinistra è scoppiata in un’ovazione. Lui ha salutato Bersani, Vasco Errani e lo stesso Merola, al quale ha rivolto un augurio di vittoria. Nelle ultime settimane il Professore, che malvolentieri si lascia coinvolgere nella politica cittadina, era sembrato un po’ freddo nei confronti di Merola, sebbene gli avesse inviato una lettera dove gli assicurava il sostegno. Ha così preso la parola e ha fatto un discorso carico di vis polemica verso il centrodestra e il suo leader come non si sentiva da mesi. “Dove Berlusconi è andato a fare campagna elettorale ha portato un’ulteriore punta di volgarità, la volgarità è diventata la sua bandiera”. Poi un consiglio al candidato sindaco: “Farai un mestiere bello e difficile, il sindaco deve stare al pezzo come un metalmeccanico nei giorni feriali e deve celebrare come un parroco nei giorni festivi”. Prodi ha così smentito il ministro Calderoli che poco prima, proprio a Bologna, aveva detto: “Il vecchio professor Prodi, che è uno che ci vede lungo, ha rifiutato la candidatura, non viene a far la chiusura e ha spedito una letterina. Io lo conosco bene, e sono convinto che lo zio Romano alla fine vota Manes, non vota mica un Merola qualunque”. Invece lo ‘zio Romano’ ha abbracciato il candidato sindaco, invitando l’intera Piazza Maggiore a sostenerlo verso una maggioranza forte e netta fin dal primo turno.
Che le amministrative possano portare al “rafforzamento del radicamento del Pd e dell’opposizione” è anche la sfida che lancia Massimo D’Alema. “La maggioranza sarà battuta anche al Nord. Di questo Berlusconi dovrebbe prendere atto. Intanto – ha aggiunto l’ex premier – devono farlo gli italiani”. E per farlo il Pd punta anche al voto dei moderati, enfatizzando le divisioni nella maggioranza. “Ci sono elettori di centrodestra ammaccati, che vedono promesse non mantenute. A questi elettori – è l’appello di Bersani – bisogna dire che noi non minacciamo nessuno, perchè noi non colpiamo gli avversari con insulti, invettive e diffamazioni. Noi non siamo faziosi. E bisogna anche dire che da queste elezioni deve venire un segnale nazionale: non aspettiamo l’ora X, non vogliamo la spallata, ma vogliamo che da queste elezioni venga un segnale chiaro”. Il segretario del Pd ha attaccato anche la Lega: “I piedi in quattro scarpe non li può tenere” ha avvertito ricordando che il Carroccio “ha predicato le ronde e approvato i processi brevi. E sono in compagnia di gente che dice di fare gli abusi edilizi. Senza la Lega – ha continuato – le leggi specialissime a favore della cricca e dei quattro ladroni di Roma non ci sarebbero state”. E’ una sfida elettorale, però, che il partito di opposizione gioca a un tavolo in cui l’avversario ha calato sul piatto il poker d’assi del volto del premier, con la raffica di interviste, telefonate, interventi che ha moltiplicato a dismisura la presenza di Berlusconi sui media. E che rischia di non finire con il silenzio elettorale. I democrats temono ora i festeggiamenti, sabato, del Milan. E lunedì, a urne aperte, la presenza del premier al processo Mills. “Sarebbe gravissimo se Berlusconi apparisse sui media, se le tv violassero la legge. Se l’idea è quella di un ultimo spot elettorale se ne assumeranno la responsabilità “, ha avvertito il responsabile giustizia Andrea Orlando mentre il responsabile informazione Matteo Orfini, ha messo in guardia dal pericolo che “anche i programmi sportivi possano essere invasi dalla presenza di chi, fingendo di parlare di calcio, farebbe invece illegalmente campagna elettorale”.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini e il leader Udc Pier Ferdinando Casini erano a Bologna per sostenere la candidatura di Stefano Aldrovandi per il Terzo Polo: “Sono convinto che gli accordi si fanno con coloro che condividono un obiettivo”, ha esordito Fini rispondendo a chi gli chiede quali candidati il Terzo polo sosterrà ai ballottaggi. “Non ha senso – ha osservato il presidente della Camera – chiedere al Terzo polo e a Fli con chi; semmai, va chiesto per che cosa”. “La campagna elettorale amministrativa è stata infangata da atteggiamenti irresponsabili, offese, insulti, promesse impossibili da realizzare, il tutto per un pugno di voti alle spalle dei cittadini. Una pagina triste di questo bipolarismo che qualcuno si ostina a santificare, ha dichiarato Casini. “Lo dico con rammarico da bolognese, ma purtroppo Bologna dimostra che il Pdl ha appaltato l’Emilia Romagna alla Lega come già in precedenza aveva fatto con Veneto e Piemonte”, ha commentato Fini ricordando che “uno degli elementi del mio disaccordo con il Pdl era proprio questa sua sudditanza nei confronti di Bossi. Gli avvenimenti degli ultimi mesi mi hanno dato ragione”. “Mi auguro che anche a Bologna come in altre città si affermino candidati alternativi ai due schieramenti che per tante ragioni inducono gli elettori a non andare a votare. C’è – ha spiegato Fini – un’opinione pubblica stanca di una lotta politica intesa come quotidiana ordalia, come una sorta di derby permanente”. “Il Pdl ormai è la Santanchè – ha concluso Casini – la metafora del Pdl è la Santanchè, le idee del Pdl sono quelle della Santanchè, ovvero quelle più estreme della vita politica italiana”.
Manes Bernardini, il primo candidato leghista a correre per la poltrona di sindaco di Bologna ha chiuso la sua campagna elettorale con la benedizione di Roberto Calderoli. “Siamo determinatissimi”, ha detto il giovane esponente del Carroccio, che ha preso la parola dopo il ministro. Poi, tra dagli applausi di un centinaio di sostenitori in una grande sala di un hotel, ha gridato: “Sono sicuro che vinceremo noi. Si può fare, loro hanno una grande paura e i loro comportamenti dicono tutto”. Ok alla proposta del Movimento 5 stelle di sottoporsi al test anti-droga, in caso di ballottaggio. E convinto anche nel voler “eliminare i rincari degli asili”, che ha deciso l’amministrazione commissariale di Anna Maria Cancellieri. “Di sindaci brevi – ha detto Bernardini, riferendosi a Flavio Delbono – ne abbiamo già avuto uno. Non ne vogliamo un secondo”. Per l’ultima uscita, Bernardini era scortato da Lorenzo Tomassini, esponente del Pdl, indicato come vicesindaco in caso di vittoria. Oltre a lui, del partito di Berlusconi erano presenti la deputata Anna Maria Bernini, il coordinatore cittadino Fabio Garagnani e il viceregionale, Giampaolo Bettamio. Non era presente, invece, il numero uno dell’Emilia-Romagna, Filippo Berselli.
Torino. La sfida nella città della Mole si gioca fra Piero Fassino candidato per il centrosinistra e Michele Coppola per il Pdl. Fassino si è unito agli appelli fatti nei giorni scorsi da Bersani, Vendola e Di Pietro, a dare un voto utile nelle elezioni che si svolgeranno domenica e lunedì. Con 12 candidati sindaco, 1400 aspiranti consiglieri e oltre 4000 candidati alle circoscrizioni “ci sono più di 5000 persone che chiedono un voto ai cittadini – ha spiegato Fassino nella conferenza di fine campagna elettorale – questo può creare confusione”. “Chiedo ai cittadini di non disperdere il voto – ha continuato Fassino – e di concentrarsi sui candidati e sulle liste che hanno effetti possibilità di essere eletti”. Fassino ha sottolineato che sarebbe “un voto utile prima di tutto agli elettori e alla città” perchè quanto più ci sarà un ampio consenso al primo turno “tanto più il sindaco sarà in grado di governare la città” ha precisato. “Non credo nell’idea di un uomo solo al comando – ha concluso – voglio essere il sindaco di tutti, il sindaco di una città in cui nessuno viene lasciato solo”. Durante la conferenza Fassino ha dato alcune cifre di una campagna iniziata con la sua candidatura lo scorso 19 dicembre: oltre 10mila chilometri, 1400 appuntamenti, 780 iniziative pubbliche, oltre 10mila chilometri percorsi e 500mila visitatori della sua pagina web.
Per Michele Coppola, candidato del centrodestra a sindaco di Torino, l’obiettivo è “portare i torinesi tra 15 giorni a una scelta secca, tra il nuovo e il vecchio modo di concepire la politica”. Lo ha detto salendo sul bus scoperto con il quale lui ed esponenti dell’alleanza che lo sostiene (Pdl-Lega Nord-La destra) hanno chiuso la campagna elettorale del centrodestra con un viaggio attraverso le dieci circoscrizioni cittadine che si è concluso poco prima della mezzanotte. “Io – ha detto – non faccio un appello al voto utile o intelligente, rivolgo un appello al voto e basta: i torinesi vadano alla urne, ogni singolo voto vale. In città sta per iniziare un nuovo ciclo”.