Il provvedimento è partito un mese e mezzo fa: camici bianchi nei reparti d’ospedale e di famiglia, ma guardiani anche per il fisco. I medici si devono occupare, infatti, di scovare chi realmente ha diritto all’esenzione del ticket per reddito basso. Sono gli effetti di un decreto sull’Economia del 2009 e che ora le Regioni hanno cominciato ad applicare. L’obiettivo è quello di contrastare l’evasione fiscale altissima in questo settore. Un miliardo di euro l’anno è l’ammontare dell’evasione sui ticket sanitari. In sostanza, le autocertificazioni sul reddito per visite ed esami specialistici dovranno essere validate dai medici.
Ma già scoppiano le polemiche. Le Regioni stanno applicando metodi diversi di verifica. C’è chi, come l’Emilia Romagna, il Veneto e la Sardegna, ha sollevato i medici da questa incombenza affidando alle Asl il compito di rilasciare un certificato ai cittadini con il codice di esenzione che sono obbligati a consegnare sia al medico di base che a quello ospedaliero. Altre che stanno prendendo tempo e stanno facendo slittare l’entrata in vigore della nuova normativa a settembre come, ad esempio, la Liguria.
Altre Regioni, come il Lazio, hanno affidato il compito direttamente ai medici e in queste settimane hanno diffuso le circolari negli ospedali dove si obbliga il personale medico a segnare sulla ricetta il codice di esenzione per reddito, ma solo dopo aver consultato una specifica banca dati collegata all’Agenzia delle entrate che dirà al medico se il paziente che si trova di fronte è o non è esentato dal pagamento del ticket. I dirigenti medici, i primari, dovranno recarsi poi presso la propria direzione sanitaria, ritirare ognuno le proprie user e password e a quel punto verranno dati loro i ricettari. “Ci rendiamo conto?”, afferma il professor Massimo Martelli, primario dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma “dopo la proposta assurda di denunciare gli immigrati irregolari che ricorrono alle cure sanitarie, noi medici dovremmo ora fare i ‘guardiani’ per il fisco, segnalare poi il paziente che dice il falso, altrimenti rischiamo un provvedimento disciplinare, ma è incredibile”. E’ un luminare Martelli della chirurgia toracica, scelto dal presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, a fare il commissario per l’Azienda ospedaliera San Camillo, ruolo che poi ha lasciato in polemica con la maggioranza di centrodestra. “Questi – continua Martelli – ti costringono a iscriverti al Movimento 5 stelle, a urlare. Io ho un mio pc portatile, perché quello che mi mette a disposizione l’azienda è dell’era dei cartaginesi, ha ancora i floppy disk. Si figuri se posso connettermi con un click ad una banca dati”. “Nel mio ospedale – conclude – ci sono 500 dipendenti che non sono personale medico, che se ne occupino loro”.
Opinione condivisa anche da Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao, l’associazione dei medici dirigenti: “C’è un termine di paragone che rischia di aumentare i tempi di attesa per le visite. Oggi – dichiara il primario genovese – nei pronto soccorso dei grandi ospedali i tempi di attesa medi per i codici verdi e bianchi è tra le 6 e le 7 ore. In un pronto soccorso h24, sei ore vanno via solo per le pratiche burocratiche di accoglimento dei pazienti. Pensiamo – conclude – quanto tempo e quante visite in meno rischiano i medici di eseguire dovendo loro fare i controlli anche sull’esenzione o meno del ticket per il paziente”.