Non ci credeva nessuno ovviamente, ma ne hanno scritto tutti. E i giochi di parole, scherzosi, si sono moltiplicati: “Tutte le strade portano fuori da Roma” (Daily Mail); “Vedi Roma e poi muori, ma non oggi” (Guardian); “La paura, non il sisma, mette sottosopra Roma” (El Mundo). Solo la Bbc la mette, un po’ seriosamente, tra cronaca e lezione di sismologia: “Una previsione provoca l’esodo dalla città – esagerati! ndr – anche se i terremoti non si possono prevedere”.

La stampa americana, imbeccata dall’Ap, constata che, l’11 ci sono state “dozzine di scosse” in Italia e altrove – tragica, quella in Spagna – ma nessuna a Roma. Erano, però, giorni e giorni che la stampa estera ricamava sull’argomento: “Roma rumoreggia” (Le Monde); e ancora “Il terremoto immaginario” (Les Echos), leggenda urbana, mito, psicosi, fuga, paura da Big One, umori da cataclisma, fino al qualunquistico stereotipo dell’italiano furbo “Un giorno di vacanza per studenti e lavoratori”.

La Bbc, che, evidentemente, non ci dormiva sopra la notte, scova che Mussolini fu così impressionato dal Nostradamus dei sismi, lo studioso Raffaele Bendandi, da insignirlo di un’onorificenza. Abilmente, il Telegraph mette insieme le dieci “fine del mondo” che, malgrado le predizioni, non ci sono mai state (ma, attenzione, ci aspetta il 2012).

Poveri Incas, che l’aspettavano, sempre invano, ogni 52 anni.

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